Inquinamento atmosferico, c’è un legame con l’aumento dei disturbi psicologici in città

Sotto accusa finiscono soprattutto gli ossidi di azoto

Inquinamento atmosferico

L’aumento dei disturbi psicologici in città si collega all’inquinamento. Recentemente sono sempre più cospicui gli studi che riguardano lo sviluppo di disturbi psicologici, correlati con il lieve o il più forte aumento di inquinamento nelle città.

Inquinamento atmosferico e aumento dei disturbi psicologici in città. Un legame c’è. Lo dice uno studio pubblicato sul British Journal of Psychiatry

Inquinamento atmosferico

Alcune patologie sono più gravi e richiedono l’ospedalizzazione, altre sono ambulatoriali o sono cure erogate dai servizi sociali. Di questo argomento se ne è occupato principalmente uno studio pubblicato sul British Journal of Psychiatry, che si basa sull’analisi di tredicimila persone nell’area di Londra ma i cui risultati sono ritenuti validi per qualsiasi area metropolitana dei paesi a economia avanzata, incluse le grandi città italiane.

Sotto la lente finiscono soprattutto i Nox (gli ossidi di azoto) che sono spesso legati al traffico veicolare e in particolare sono emessi dai veicoli a diesel.

I livelli di base della capitale inglese, che oscillano tra i 18 e i 96 microgrammi per metro cubo (µg/m3), sono già molto elevati se si considera che è sufficiente l’esposizione a livelli di inquinamento maggiori di 15 µg/m3 per riscontrare l’aumento di probabilità di disturbi psicologici.

Inquinamento atmosferico

Per il particolato più sottile nel caso londinese i livelli variano da 9 a 25 µg/m3 e dagli studi risulta che sia sufficiente un’esposizione di 3 unità in più per far crescere il rischio di ricovero ospedaliero dell’11% e il rischio di trattamento ambulatoriale del 7%.

Tra i risultati più significativi della ricerca spicca l’assenza di una soglia limite.

Infatti appare indifferente se i valori dell’inquinamento dell’aria siano verso la parte alta o quella bassa della mediana, poiché in ogni caso un minimo aumento fa sempre aumentare il rischio di decine di punti percentuali.

Sappiamo che ad oggi ci sono interventi utilizzabili, come l’ampliamento delle zone a traffico limitato, l’ampliamento della rete di trasporti pubblici e il divieto di ingresso in città per alcuni veicoli particolarmente inquinanti. In generale la soluzione più invasiva ma ottimale sarebbe quella di immaginare il futuro delle grandi metropoli come car-free cities, riducendo notevolmente lo stress, l’inquinamento acustico e i disturbi psicologici correlati.

 

Alessia Pasotto, dottoressa in Economia dell’Ambiente e dello Sviluppo.

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