Da anni la terra a Maccarese viene lavorata solo da contadini indiani. Parliamo di una comunità di circa mille persone in tutto il comune di Fiumicino. Il servizio di Mara Azzarelli
Da anni la terra a Maccarese viene lavorata solo da contadini indiani. Parliamo di una comunità di circa mille persone in tutto il comune, 700 circa tra Maccarese e Fregene.
Siamo andati nelle campagne dove abbiamo incontrato Sing che, da due anni, non vede la famiglia per via della pandemia. Abbiamo cercato di capire come la comunità indiana e gli imprenditori agricoli stanno affrontando l’allarme sulla pandemia. Nel frattempo ieri la direzione dello Spallanzani ha comunque chiarito che nessuna delle infezioni identificata nella comunità di latina è riconducibile alla variante indiana.
Sing è indiano, ha 38 anni e vive in Italia da 20. E’ uno degli oltre mille braccianti – 700 circa solo tra Maccarese e Fregene – che lavora la terra in una delle tante aziende agricole che in questo quadrante di litorale è impegnata nella coltivazione di carote in primo luogo ma anche di patate, meloni e cocomeri.
La variante indiana lo spaventa. Ma non tanto per lui, come spiega, piuttosto per la sua famiglia rimasta nel Punjab la regione più a nord dell’indiana, al confine con il Pakistan, uno dei territori più fertili al mondo e dove quindi i bambini imparano a coltivare la terra da piccoli.
A Maccarese sono tanti i connazionali di Sing che pur di salvare il lavoro non stanno tornando a casa. Una distanza che viene colmata con le videochiamate su Skype.
Il lavoro concepito come una seconda famiglia, o forse la principale. Quella che si dedica tutta la vita fino alla pensione. Anche per questo molti evitano in questo momento viaggi in india. Anche se, quando non ci pensano loro, lo fanno gli imprenditori agricoli: sempre più consapevoli dei rischi che può comportare anche un solo contagio fra i loro dipendenti.
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