Transizione ecologica. La Guardia di Finanza ha smascherato una maxi frode fiscale a Nettuno. Sono stati sequestrati beni per 11 milioni di euro e denunciate 15 persone.
Quindici persone dovranno rispondere dei reati di dichiarazione fraudolenta, omessa presentazione della dichiarazione, emissione di fatture per operazioni inesistenti, indebita compensazione di crediti d’imposta, riciclaggio e auto-riciclaggio.
Transizione ecologica: l’operazione coordinata dal gruppo di Ostia
Un pregiudicato romano, a vertice di un sodalizio, aveva creato un sistema molto redditizio frodando il Fisco e l’Inps. L’organizzazione è stata scoperta nel corso dell’operazione “Ghost credit” dai finanzieri del Comando Provinciale di Roma, che hanno sequestrato beni mobili e immobili, nonché disponibilità finanziarie, per circa 11 milioni di euro.
Le indagini delle Fiamme Gialle della Compagnia di Nettuno, dirette dalla Procura della Repubblica di Velletri e coordinate dal II Gruppo di Ostia, hanno preso le mosse dal monitoraggio di una società del posto – formalmente operante nel commercio all’ingrosso di prodotti petroliferi ma di fatto inattiva – che vantava consistenti crediti verso il Fisco, con riguardo all’IVA e al sostenimento di spese nel settore della transizione tecnologica.
Gli accertamenti si sono poi allargati, portando all’individuazione del vertice del sodalizio, un pregiudicato romano e di una seconda società utilizzata per il perfezionamento della frode, che era anch’essa dedita alla creazione artificiosa dei crediti di imposta, poi ceduti, dietro un corrispettivo del 5-10% del loro valore, a imprese pesantemente indebitate con Fisco e Inps.
Le dichiarazioni fiscali delle due società cedenti erano munite del visto di conformità apposto da un consulente abilitato: le spese fittizie sostenute per le attività di ricerca e sviluppo erano asseverate da una falsa relazione tecnica redatta da un professionista.
I proventi della truffa nel mondo della transizione ecologica venivano fatti confluire su conti correnti intestati a una terza società già esistente, cui era stata attribuita la medesima denominazione sociale di una delle due coinvolte nella frode proprio per ostacolare l’individuazione della provenienza dei fondi.
Grazie all’intervento dei militari, è stato scongiurato l’utilizzo dei crediti fittizi esposti in dichiarazione dalla seconda società, evitando un ulteriore danno all’erario quantificato in oltre 13 milioni di euro.
Gli elementi raccolti hanno permesso alla Procura della Repubblica veliterna di ottenere dal Giudice delle indagini preliminari l’emissione di un decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca, sia nella forma diretta che “per equivalente”, dei beni nella disponibilità degli indagati, che è stato eseguito nelle province di Roma, Bergamo, Caltanissetta, Caserta, Como, Frosinone, Latina, Lucca, Milano, Palermo, Ragusa, Treviso e Varese.
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