Teste di capretto inviate a casa a scopo intimidatorio. Arrestato

roma

Avrebbe inviato a casa di due persone teste di capretto mozzate a scopo intimidatorio. La Polizia ha arrestato un professionista di 51 anni con l’accusa di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso.

Teste di capretto inviate a casa a scopo intimidatorio. Arrestato

Gli agenti della Squadra Mobile di Roma, in collaborazione con quelli di Catanzaro, questa mattina, giovedì 1 aprile, hanno dato esecuzione all’ordinanza di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di Paolo Cosentino, 51 anni, ritenuto responsabile, in concorso con persone non identificate, di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso.

Le indagini partono nel gennaio 2019, quando un pensionato e suo figlio, proprietari di alcuni terreni tra Torrino e Mezzocammino, ricevono presso le proprie abitazioni due pacchi, contenenti ognuno una testa di capretto mozzata, scuoiata, insanguinata e avvolta nel cellophane.

Il messaggio, inviato con modalità tipicamente mafiose, oltre ad intimorire i destinatari, gli ha fatto tornare in mente dei problemi legati ad una controversia civile pendente con una famiglia calabrese di costruttori, i Cosentino, titolari di una Società Immobiliare.

La società, infatti, aveva costruito alcuni villini a Roma, nelle zone di Torrino e Mezzocammino, su un terreno di proprietà dei due soggetti, ma non avrebbe poi ottemperato agli obblighi contrattuali, come accertato dal Tribunale Civile di Roma che aveva disposto, a favore di padre e figlio, la titolarità di tre villini e un risarcimento pari a 480 mila euro. I due, a seguito dell’inadempimento dei Cosentino, erano stati peraltro costretti ad avviare una procedura esecutiva.

dalle indagine, è emerso che nel novembre 2018, Paolo Cosentino si sarebbe recato presso lo studio legale che seguiva tale procedura, proponendo – per chiudere la controversia – 150 mila euro, somma nettamente inferiore rispetto a quella stabilita dal Tribunale.

Dall’analisi dei tabulati telefonici sarebbero venuti fuori una serie di contatti tra il Cosentino e una delle parti offese, avvenuti subito dopo l’emissione della sentenza del Tribunale e verosimilmente finalizzati a chiudere la controversia a condizioni più sfavorevoli di quelle lì statuite.

Inoltre dalle indagine sarebbe emerso che il 51enne avrebbe acquistato il credito ipotecario di 1° grado di una banca, gravante su uno dei tre villini (dato in affitto a una terza persona) e avrebbe iscritto un credito per prestazioni professionali di € 300.000,00 sulla base di un atto di riconoscimento di debito da parte della società immobiliare calabrese, con l’evidente finalità di impedire dolosamente la possibilità di recupero dei villini e delle somme dovute a titolo di risarcimento del danno.

A seguito della ricezione dei pacchi contenenti le teste di capretto, il figlio, spaventato,  aveva comunicato al proprio avvocato di voler accettare la proposta transattiva, anche se sfavorevole.

Dalle telefonate intercettate, sarebbe apparso evidente lo stato di sottomissione dell’intera famiglia che, però, non si decide a cedere alla proposta. A causa del prolungarsi di questa indecisione, nel marzo 2019 viene recapitata ad una delle vittime, una lettera anonima con minacce nei suoi confronti e di quelli della sua famiglia.

Gli accertamenti sulla lettera e le intercettazioni telefoniche, avrebbero consentito di individuare in Cosentino nel reale mittente della lettera minatoria, affidata ad un terzo soggetto affinché venisse spedita da un luogo diverso rispetto a Lamezia Terme, al fine di eludere le eventuali verifiche.

Che sarebbe proprio il Cosentino l’autore materiale dell’intimidazione, emergerebbe dalle conversazioni intercettate: in una, l’uomo chiede notizie al soggetto circa la spedizione della lettera, nell’altra, la terza persona si lamenta di essere stata usata per spedire una lettera a Roma.

L’invio delle teste di capretto mozzate e della lettera anonima quali messaggi finalizzati ad ingenerare, nelle controparti della controversia giudiziaria, uno stato di assoggettamento ed omertà, infatti, integra nei confronti del 51enne l’aggravante dell’avere agito con metodo mafioso.

Naturalmente va ricordato ai lettori che l’attuale posizione degli indagati non corrisponde alla loro automatica colpevolezza: le prove si formano durante il processo e solo dopo il terzo grado di giudizio l’indagato può essere considerato colpevole di un reato.

 

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