Quel silenzio delle istituzioni davanti alla disperazione di Camilla Moccia

La sua disperazione in questi giorni ha toccato le corde dei cuori di tanti, ma a quanto pare non delle istituzioni.

camilla moccia

Da sempre le foto diventano simbolo di epoche, battaglie, rivoluzioni. Sembra destinata a questo anche la foto di Camilla (leggi qui), la ristoratrice di Ostia, diventata virale nel web perchè rappresentativa di un’importante fetta del mondo del lavoro alle prese con questo secondo lockdown. La sua disperazione in questi giorni ha toccato le corde dei cuori di tanti, ma a quanto pare non delle istituzioni.

Il grido inascoltato di Camilla Moccia

Il grido di dolore di Camilla Moccia non è arrivato al tavolo delle istituzioni. La ristoratrice, diventata simbolo di questo secondo lockdown grazie ad una foto che mette a fuoco tutto il suo sconforto per la crisi della sua attività, ha fatto sapere di aver ricevuto manifestazioni di solidarietà soltanto da colleghi, amici e parenti. Silenzio assordante invece da parte di chi seduto su una poltrona, potrebbe davvero aiutarla a risollevare i suoi sogni.

Ho ricevuto centinaia di chiamate da chi come me non sta lavorando, da amici, parenti, clienti – racconta Camilla – in un fine settimana quella foto ha messo sotto ai riflettori una che, come me, poco aspira alla ribalta.

Eppure dalle Istituzioni è il silenzio più assoluto, si sono fatti sentire solo due esponenti locali della Lega che poco o nulla possono. Per il resto nemmeno una lettera di solidarietà. Conoscono la nostra situazione critica ma non hanno risposto al grido d’allarme. Stiamo cercando di arrivare a loro e ci arriveremo, ne sono sicura“.

La 22enne del “Bistrot della Pasticciona” spiega di non avere più progetti a lungo termine. “Ora mi concentro sullo stallo nel quale ci troviamo tutti. Pago l’affitto delle mura, perché il proprietario ha rifiutato la proposta di acquisto che gli feci lo scorso anno, grazie al cielo non ho dipendenti perché mi danno una mano i miei genitori. Ma così, per quanto ancora possiamo farcela?

La sua preoccupazione coinvolge anche l’attività imprenditoriale del suo compagno che un mese prima dell’inaugurazione del suo locale ha aperto una palestra. “Siamo sulla stessa barca. Se non riaprono la sera, da maggio in poi sono morta, essendo questo un posto sul mare. La cosa peggiore è vedere tanti miei colleghi accontentarsi associandosi alle aziende, continuando a lavorare per i soli convenzionati. Ma questa non è la soluzione. Abbassarsi, piegarsi non porta a nulla, bisogna battagliare. E non mi interessa avere i ristori, voglio lavorare“.

Nelle sue parole continua ad emergere grande coraggio e dignità, due coordinate chiave per non perdere la rotta in questo periodo di “tempesta”.

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QUI L’INTERVISTA DI MARA AZZARELLI ANDATA IN ONDA SU CANALE 10 NEWS