Il cuore di Stefano D’Orazio batteva per Ostia e Infernetto

Stefano D'Orazio

Batteva per Ostia e l’Infernetto il cuore di Stefano D’Orazio, l’ex batterista dei Pooh spentosi ieri sera all’età di 72 anni per le complicanze da covid-19. Da una settimana era ricoverato in un ospedale di Roma, dove viveva da una decina di anni nei pressi di piazzale Clodio.

A dare la notizia della sua scomparsa è stato Bobo Craxi, grande amico del musicista che ha reso grandi i Pooh. Subito dopo, intorno alle 23,00, una nota dei componenti della band. “STEFANO CI HA LASCIATO! Due ore fa… era ricoverato da una settimana e per rispetto non ne avevamo mai parlato… oggi pomeriggio, dopo giorni di paura, sembrava che la situazione stesse migliorando… poi, stasera, la terribile notizia. Abbiamo perso un fratello, un compagno di vita, il testimone di tanti momenti importanti, ma soprattutto, tutti noi, abbiamo perso una persona per bene, onesta prima di tutto con se stessa. Preghiamo per lui. Ciao Stefano, nostro amico per sempre… Roby, Red, Dodi, Riccardo”.

Il cuore di Stefano D’Orazio batteva per Ostia e Infernetto 1
Il post di commiato dei suoi vecchi compagni di band

Grande personalità, importante presenza scenica, ottima conoscenza della musica, per oltre 40 anni Stefano D’Orazio oltre alla batteria e alle percussioni, nei Pooh suonava il flauto traverso e l’armonica a bocca. Tutto era cominciato quando era ragazzo e con una batteria di seconda mano si era messo con il gruppo The Kings, che suonava nei locali della periferia romana i brani degli Shadows.

Pur vivendo a Monteverde, suo quartiere di nascita, Stefano D’Orazio in quell’epoca giovanile frequentava spesso Ostia dove viveva a trovare una zia verso la quale nutriva un grande affetto. “Lo ricordo bellissimo, con questa cascata di riccioli e gli occhi vivaci – dice di lui Graziella Rossi, una sua fans da sempre – La zia abitava in via Vasco de Gama e non escludo che venisse spesso per un filarino sentimentale con una ragazza di Ostia. Quando ha cominciato a diventare famoso con i Pooh tutto il palazzo era affascinato da lui. Sempre gentile, sorridente, cordiale, non si era montato la testa e aveva i piedi ben piantati in terra”. C’è chi sostiene che per un periodo di tempo abbia vissuto con i genitori a Ostia, in via del Lido 6.

Di sicuro Stefano muovendo i primi passi nel mondo della musica frequentava Ostia Antica e non solo per rapporti di parentela con zii e cugini. Infatti, c’e chi ricorda che il giovanissimo e promettente batterista autodidatta si esibisse con altri musicisti nel club Mocambo sulla via Ostiense, di fianco all’Helios.

Dopo il successo planetario, il 30 settembre 2009, Stefano D’Orazio lascia i Pooh per motivi personali. Nessuna rottura, niente liti, solo il desiderio di fare altro nella vita, intraprendere altri percorsi artistici. Poi il ritorno con la band nel 2015 e 2016 per la reunion del cinquantennale.

Stefano D’Orazio era molto legato anche all’Infernetto dove ha vissuto per molti anni. A dicembre del 2010 partecipò con entusiasmo ad un seminario dell’associazione “La fabbrica della musica” tenutosi nell’aula magna della scuola Mozart dell’Infernetto: “Sono qui per cercare di trasmettere la mia esperienza e consegnare la mia fortuna a quanti credono nella musica – disse in quella circostanza Stefano D’Orazio che aveva già lasciato i Pooh – Sarei lieto se la passione si potesse tramutare anche in occasione di lavoro e per questo mi rivolgo con gioia ai ragazzi. Il problema è che purtroppo oggi è più difficile di una volta, quando da ogni cantina usciva musica: di strumenti, di club, di sale da ballo. Le istituzioni sono sorde e insensibili ai nostri appelli. E, si badi bene, non chiediamo stanziamenti o finanziamenti per il settore: basterebbe intervenire con norme e regolamenti che sostengano i nostri prodotti. Il suggerimento è quello di imporre di trasmettere una quota di musica italiana alla radio e alla televisione”.

Venduta la villa e trasferitosi a Dalmine, in provincia di Bergamo, Stefano era tornato a vivere a Roma, nella zona di piazzale Clodio. Fino al momento in cui il covid-19 lo ha aggredito sommando i suoi drammatici effetti al suo stato di salute già minato da una malattia.