L’Ares 118 ha seguito il protocollo indicato dalla Regione Lazio: se un paziente ha febbre e si sospetta la polmonite, non essendoci ancora una diagnosi di covid-19, va trasportato all’ospedale più vicino. E non importa, come nel caso dell’uomo di 54 anni morto di Sars-Cov2 al Grassi in attesa di essere trasferito in un covid hospital (leggi qui), se nell’anamnesi sia stato indicato che conviveva con i due figli positivi e in isolamento fiduciario.
E’ una nota giunta alla nostra redazione dai vertici dell’Ares 118 a fare chiarezza su quanto accaduto nella notte tra il 29 ed il 30 settembre.
“Non corrisponde innanzitutto al vero che la piattaforma covid-19 dell’Ares 118 sia andata in tilt. E’ perfettamente funzionante ed operativa.
Rispetto a quanto esposto nell’articolo, si coglie l’occasione per fare chiarezza su quelle che sono le indicazioni regionali sul trasporto in ospedale di pazienti con sintomatologia febbrile.
Le indicazione regionali prevedono che il paziente con febbre, in assenza di diagnosi confermata di covid-19 (tampone positivo), debba essere trasportato nei Pronto Soccorso Ospedalieri della rete regionale, che devono aver attivato il cosiddetto “percorso febbre”.
Il “percorso febbre” è un percorso separato all’interno del Pronto Soccorso, che permette di isolare i casi di sospetto covid dagli altri pazienti, al fine di garantire maggiore sicurezza per operatori e cittadini.
Questo percorso è accessibile sia ai pazienti trasportati in ambulanza, sia a quelli che si recano in ospedale con mezzi propri.
Se al paziente viene diagnosticata, con tampone positivo, un’infezione da SARS-CoV-2, la struttura ospedaliera che lo ha in carico ne richiede il trasferimento presso un centro Covid della rete regionale, così come accaduto nel caso di specie”.
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