Assassinio di Willy, i fratelli Bianchi e Pincarelli chiedono l’isolamento

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I fratelli Bianchi pochi mesi prima dell'omicidio di Willy

Gli arrestati per il massacro di Willy, il ragazzo di Paliano assassinato a Colleferro, ora hanno paura. Mario Pincarelli e i fratelli Marco e Gabriele Bianchi sono a Rebibbia da una settimana, accusati di omicidio volontario aggravato dai futili motivi. Quello che adesso i tre temono più di ogni altra cosa è che i detenuti comuni – sull’onda emotiva di quanto accaduto al giovane cuoco – possano aggredirli. E mettere in atto quella sorta di giustizia fai da te, in base al codice non scritto del carcere, che vige all’interno delle mura della prigione.

Massacro di Colleferro, gli arrestati per l’omicidio di Willy ora hanno paura: chiesto l’isolamento dagli altri detenuti

Gli avvocati degli arrestati, che si trovano nel carcere romano di massima sicurezza per omicidio volontario aggravato, hanno chiesto ai magistrati che i tre vengano messi in celle singole, separati dagli altri detenuti.

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Mario Pincarelli

Non appena terminato il periodo di quarantena di 14 giorni, che tutti i nuovi arrivati devono passare in isolamento per prevenire eventuali contagi da coronavirus, i tre – secondo la prassi – dovrebbero essere messi in reparti normali, insieme ai detenuti comuni.

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Marco e Gabriele Bianchi

I “gemelli di Artena”, questo il soprannome dei fratelli Bianchi, e Pincarelli – che secondo la Procura hanno massacrato Willy con l’intento di ucciderlo – però adesso temono la vendetta dei reclusi. E i loro legali si stanno muovendo di conseguenza, per farli rimanere in celle singole.

Anche il Garante dei detenuti del Lazio, Stefano Anastasia, non esclude a priori uno scenario del genere. Trascorse le due settimane di isolamento precauzionale per il Covid, secondo Anastasia dovrà essere valutata una forma di isolamento cautelativo, per impedire che i tre possano essere oggetto di ritorsioni e vendette all’interno del carcere.

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L’eco del terribile massacro subito da Willy è arrivato infatti anche dietro le sbarre, e tra i detenuti esiste una sorta di codice etico. Sono molti, ad esempio, i pedofili che una volta in carcere sono stati picchiati o – in alcuni casi – addirittura uccisi. “Serve attenzione”, sottolinea il Garante.

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