Amazzonia sempre più in pericolo, roghi per far spazio ad allevamenti e coltivazioni di soia

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L’Amazzonia è in fiamme. Il polmone verde della Terra brucia ancora, a causa degli incendi dolosi. Come dimostrano le immagini satellitari, i roghi hanno prodotto il disboscamento necessario alla creazione di zone pascolo per bovini “da carne”, e soprattutto per ricavare aree in cui coltivare la soia destinata agli allevamenti intensivi del mondo. Un fenomeno che purtroppo è in crescita, con un impatto devastante sugli animali, sull’ambiente e sulla sopravvivenza globale.

I roghi dolosi hanno distrutto milioni di ettari di Amazzonia, facendo spazio alle coltivazioni di soia delle multinazionali

Ai danni già noti che la deforestazione comporta – meno ossigeno e maggiore emissione di anidride carbonica – quest’anno si è aggiunta la consapevolezza del ruolo di questa attività nella trasmissione dei virus tramite le zoonosi: agire per fermare questi pericoli è quindi fondamentale.

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Una delle aree bruciate dai roghi che colpiscono l’Amazzonia

La Giornata globale di azione per l’Amazzonia del 5 settembre – indetta dall’Articolazione dei Popoli Indigeni del Brasile – ha denunciato la drammatica emergenza fuoco, che negli ultimi mesi si è manifestata con sempre più violenza.

Nel 2019 in Brasile si sono sviluppati più di 100 mila incendi tra agosto e settembre, causando la perdita di 10.129.000 metri quadrati di foresta, il 34% in più dell’anno precedente (pari alla superficie di 36.000 campi da tennis – dati INPE PRODES). Quest’anno, al 3 settembre, siamo già oltre i 54mila roghi (dati INPE).

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Gli incendi scoppiati vicino alle aree di produzione cereali dei colossi Usa Cargill e JBS

Un recente studio ha confrontato le mappe delle zone bruciate nel 2019 con i luoghi da cui provengono la maggior parte della carne e della soia commercializzate da grandi aziende internazionali del settore. È risultato che i roghi si sono verificati proprio nelle vicinanze delle aree di “rifornimento” per macelli e dei silos collegati ai colossi del settore, le multinazionali americane JBS e Cargill, presenti in tutto il mondo.

“Dal 2009 con la campagna Cambiamenu, sensibilizziamo consumatori e istituzioni sulle conseguenze distruttive della catena produttiva della carne, e sui vantaggi dell’alimentazione 100% vegetale”, spiega l’associazione animalista LAV, in relazione alla crisi in cui versa la foresta amazzonica.

“Possiamo agire subito per l’Amazzonia, cambiando la nostra alimentazione e facendo pressione sui legislatori per fermare la dittatura della zootecnia, così difenderemo anche la foresta dalla distruzione”, conclude la Lega Antivivisezione.

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