Inchiesta sul governatore della Lombardia Attilio Fontana: emergono nuovi dettagli sulla partita da mezzo milione di euro per 75mila camici destinati ai medici degli ospedali lombardi, che secondo la Procura di Milano sarebbe stata affidata dal presidente lombardo direttamente alla ditta di proprietà di sua moglie e di suo cognato. I pubblici ministeri di Milano, che hanno messo sotto inchiesta il governatore per frode nelle pubbliche forniture, hanno scoperto che la trasformazione in una donazione dell’operazione di vendita dei camici alla Regione non è mai stata registrata. Non solo: dei 75mila dispositivi ne sono stati consegnati soltanto 50mila.
Si infittisce il mistero sull’appalto che sarebbe stato affidato dal presidente leghista della Lombardia senza gara, e senza segnalazione di parentela, alla Dama spa: la società è di proprietà di Roberta e Andrea Dini, rispettivamente moglie e cognato del governatore, stando a quanto ricostruito dai pubblici ministeri.
I pm che indagano sulla vicenda hanno scoperto che non c’è mai stato nessun atto formale che abbia trasformato la fornitura di 75mila camici da mezzo milione di euro in donazione, da parte della Dama spa.
Gli investigatori della Procura hanno cercato l’atto di donazione, senza trovarlo. Hanno scandagliato la centrale acquisti regionale, per scovare la delibera con la quale la fornitura dal valore di 513mila euro firmata il 16 aprile sarebbe stata trasformata in donazione, senza risultato, e sono arrivati quindi alla conclusione che non esiste, rivelano fonti stampa.
Quindi, formalmente è ancora attivo il contratto che prevede la vendita di 75mila camici alla Regione, che però ne ha ricevuti invece poco meno di 50mila. Proprio la fornitura parziale del materiale è una delle accuse avanzate dai pm nei confronti del presidente Fontana.
Il Partito Democratico e il Movimento 5 Stelle hanno chiesto ufficialmente le dimissioni del governatore. Per il capogruppo del Pd in regione Lombardia, Fabio Pizzul, Fontana è “un presidente debole e a fine corsa”.
Il presidente della Lombardia oggi si è difeso nell’aula del Consiglio regionale, parlando del suo operato sulla vicenda dei camici della società del cognato.
“Non posso tollerare che si dubiti della mia integrità e di quella dei miei familiari“, ha dichiarato oggi Fontana in merito alla vicenda della fornitura di camici, in cui è indagato per frode nelle pubbliche forniture.
“Il mio coinvolgimento, se di coinvolgimento si può parlare, è quello qui illustrato, nulla di più ne di meno, se non il fatto che Regione Lombardia non ha speso un euro per i 50mila camici”, ha concluso.
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