I giudici della Corte Suprema di Cassazione hanno reso noti i motivi alla base della sentenza che lo scorso ottobre ha fatto cadere l’accusa di associazione mafiosa a carico del gruppo criminale denominato “Mondo di mezzo”, guidato dai ras Massimo Carminati e Salvatore Buzzi. Le prove, scrivono i togati, hanno portato a “negare l’esistenza di una associazione a delinquere di stampo mafioso”. Quel che è stato appurato è “un sistema gravemente inquinato, non dalla paura, ma dal mercimonio della pubblica funzione“.
Lo scorso 22 ottobre la Cassazione aveva derubricato a semplice associazione a delinquere le accuse contro il gruppo criminale noto alle cronache come Mafia Capitale: la cupola romana guidata dal boss Massimo Carminati, l’ex terrorista neofascista dei Nar, e da Salvatore Buzzi, il presidente della cooperativa 29 giugno. Ribaltando così la sentenza della Corte d’Appello, che l’11 settembre 2018 aveva invece riconosciuto come colpevoli dei reati di mafia tanto Carminati, detto “Il cecato”, quanto Buzzi. Con loro erano stati condannati anche Luca Gramazio e altri 15 imputati.
Oggi i giudici della Corte di Cassazione hanno fatto sapere, con un comunicato stampa, il perché della loro decisione, anticipando la pubblicazione ufficiale delle motivazioni della sentenza.
“Quello che è stato accertato è un fenomeno di collusione generalizzata, diffusa e sistemica”, scrivono gli ermellini, “il cui fulcro era costituito dall’associazione criminosa che gestiva gli interessi delle cooperative di Buzzi, attraverso meccanismi di spartizione nella gestione degli appalti del Comune di Roma e degli enti che a questo facevano capo”.
Ma nel sistema criminale emerso nel processo denominato Mafia Capitale, sottolinea la Corte Suprema di piazza Cavour, le prove raccolte ed esaminate “hanno portato a negare l’esistenza di un’associazione di stampo mafioso“. Prove che però, precisano i togati, non negano affatto che “sul territorio di Roma possano esistere fenomeni criminali mafiosi”, che il tribunale ha avuto modo di accertare in altri processi.
Il riferimento è ai procedimenti contro i clan di Ostia degli Spada e dei Fasciani, nei confronti dei quali l’accusa di associazione mafiosa è stata invece confermata.
“Quello che è stato indiscutibilmente mostrato dal quadro probatorio invece è un sistema gravemente inquinato, non dalla paura, ma dal mercimonio della pubblica funzione“, scrivono i giudici. Una parte dell’amministrazione comunale “si è di fatto consegnata agli interessi del gruppo criminale, che ha trovato un terreno fertile da coltivare”, dichiarano gli ermellini della Cassazione.
Resta in ogni caso “confermata la responsabilità penale di quasi tutti gli imputati per una serie di gravi reati contro la pubblica amministrazione, oltre che per la partecipazione alle associazioni criminali”, conclude la Cassazione.
Per l’ex Nar Carminati, Buzzi e gli altri imputati è previsto ora un nuovo processo d’appello, per il ricalcolo delle pene alla luce della sentenza dei giudici di piazza Cavour che ha derubricato il reato di associazione mafiosa in associazione a delinquere.
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