Il 22 marzo è la giornata mondiale dell’acqua. Un occasione e un invito a considerare l’importanza di un elemento al quale non tutti i popoli del mondo danno la stessa importanza.
In zone civili e abbienti, l’acqua sgorga facilmente dal lavandino, e a meno che una guarnizione del rubinetto non tenga, richiedendo uno stop momentaneo al nostro rifornimento idrico, la normale condizione della disponibilità dell’acqua non è vissuta come un privilegio. Ma nel mondo, più di 2 miliardi di persone su quasi 8 miliardi, non ha acqua potabile sicura, ed è un numero in costante crescita.
Cosa significa questo, non sarebbe nemmeno necessario spiegarlo, in un momento in cui non solo idratarsi, ma lavarsi semplicemente le mani ad esempio, ha un importanza vitale.
Due fattori principali stanno spingendo il pianeta verso un futuro più assetato: la crescita della popolazione e il cambiamento climatico. Nel primo caso, se pur l’aumento del prelievo di acqua dal suolo o da laghi e fiumi, sia nell’agricoltura che nell’industria, è rallentato, ha comunque superato il tasso di crescita della popolazione, con la conseguenza disastrosa che l’umanità si dovrà accontentare di qualsiasi fonte di acqua dolce già esistente anche non potabile.
Nel secondo caso del cambiamento climatico, l’aumento delle temperature globali sta alterando i modelli meteorologici e cambiando il modo in cui l’acqua scorre tra il suolo e l’atmosfera, riducendo i depositi di acqua dolce. Eventi estremi poi, come inondazioni e siccità, stanno diventando sempre più comuni sul nostro pianeta in fase di riscaldamento. Ciò significa che l‘acqua aumenta all’estremo nei luoghi in cui le persone non ne hanno bisogno, e si riduce dove questo bisogno è invece sempre più urgente.
Senza acqua non esiste la vita. L’acqua è il secondo polmone della Terra
L’acqua è vita, è energia essenziale, è una risorsa dal valore incommensurabile, senza la quale sparirebbero tutti gli esseri viventi della Terra.
È ben chiaro come questa sostanza, che costituisce più del 75% dell’organismo umano, debba essere giornalmente a disposizione in adeguata quantità per mantenere l’equilibrio delle reazioni che permettono la vita; e questo vale per ogni specie vivente, dai pesci che nuotano nei mari e nei fiumi, ai cammelli nel deserto e alle piante, fino al più piccolo microrganismo che vive sulla Terra.
Tutto l’ecosistema che noi conosciamo si basa sull’acqua, e non bisogna dimenticare che l’ossigeno che noi respiriamo è condizionato dalla presenza dell’acqua, non solo per l’esistenza delle piante che assorbono l’anidride carbonica e ci forniscono ossigeno, ma anche per la grande importanza che riveste direttamente in questo ricircolo gassoso. Se tutta la flora esistente, è il primo polmone della terra, l’acqua, con gli oceani, i laghi e i fiumi, è infatti il secondo, ma non meno importante.
Nelle acque superficiali, raggiunte dalla luce del Sole, vivono migliaia di specie di microrganismi che producono praticamente il 50% dell’ossigeno del pianeta, grazie alla fotosintesi clorofilliana, esattamente come le piante. E’ il fitoplancton, ossia l’insieme dei piccoli organismi vegetali acquatici (Alghe e Cianobatteri) facenti parte del plancton, che ci dona infatti la metà dell’ossigeno che respiriamo.
Il fitoplancton vive sulla superficie dell’acqua e assorbe anidride carbonica producendo ossigeno
Questo riscontro, si deve alla Goletta Tara, che in 10 anni di spedizioni differenti, che hanno coinvolto oltre 500 scienziati di 40 nazioni, navigando a vela in lungo e in largo negli oceani, ha raccolto ben 35mila specie di microrganismi che formano il plancton, la maggior parte dei quali nuovi per la scienza, per fornire questi dati, che devono assolutamente sensibilizzare la coscienza. Infatti, non solo gli oceani ci forniscono la metà dell’ossigeno che respiriamo, ma assorbono il 90% del calore causato dai gas serra e un quarto dell’anidride carbonica prodotta dai combustibili fossili.
Tara ha ripreso il largo lo scorso settembre per la “Mission Microbiones”, e fino alla primavera del 2022 l’equipe internazionale di scienziati coinvolti (tra 15 paesi e 45 Istituti scientifici internazionali), sarà impegnata in una rotta transoceanica che toccherà numerosi luoghi lungo le coste occidentali dell’Africa, intorno all’America del Sud fino in Antartide, in un tragitto celebre, perché fu quello percorso da Darwin con la nave Beagle, per scoprire le leggi dell’evoluzione nel 1831.
Uno dei compiti della missione, sarà stavolta valutare lo stato di salute del microbioma oceanico, ossia i vari batteri presenti in un determinato ecosistema oceanico in relazione al clima. Durante la navigazione gli studiosi di bordo si concentreranno su virus, batteri, microalghe e zooplancton e sulla loro sensibilità agli stress, in relazione al riscaldamento globale e all’inquinamento, verificando ad esempio la presenza e l’impatto di inquinanti come le microplastiche. L’Italia è naturalmente tra i protagonisti del progetto con la Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli.
Sapere di essere in prima linea in questa imponente attività di ricerca, naturalmente ci inorgoglisce, ma ci fa riflettere anche su quanto la situazione sia preoccupante, tanto da dover considerare la salvaguardia degli oceani, quasi una delle nostre principali occupazioni.
canaledieci.it è su Google News:
per essere sempre aggiornato sulle nostre notizie clicca su questo link e digita la stellina in alto a destra per seguire la fonte.