Che fosse un vorace predatore lo si è capito da quando ha iniziato a colonizzare le acque, ormai diventate tropicali, dei nostri mari. Meno noto il fatto che acquistare granchi blu vivi per consumarli il giorno dopo può nascondere brutte sorprese. Come è accaduto a una signora che ne aveva regalato alla madre una confezione comprata in un supermercato della capitale.
Granchi blu tra incidenti di percorso e difficoltà culinarie
Dopo avere messo i granchi blu in frigorifero per consumarli il giorno seguente la donna si apprestava a cucinarli quando, aperta la scatola a diventare blu dalla paura è diventata la sua faccia. I decapodi hanno iniziato ad agitare le chele saltando nel lavello alla ricerca di un’improbabile salvezza attraverso lo scarico del lavandino.
La confezione di granchio blu era stata acquistata presso il supermercato Pam che si trova nel centro commerciale “Maximo” di via Laurentina, a Roma. “Ho trovato strano che i granchi erano confezionati ed esposti nel banco frigo e non in pescheria” racconta la malcapitata acquirente.
Come gran parte dei crostacei i granchi blu o granchi reali, altrimenti conosciuti come granchi nuotatori, hanno la fama di essere prelibati anche se ancora non molto conosciuti alle nostre latitudini.
Al contrario di quanto accade, per esempio, in Tunisia dove questi esemplari vengono consumati in grandi quantità da circa una decina d’anni e dove sono state costruite macchine in grado di farli bollire, spaccarli e poi avviarli al congelamento, oppure alla conservazione in barattoli di vetro.
“Sono sempre un po’ cauto nel valutare l’autenticità di video in cui si rappresenta ciò che sarebbe accaduto il giorno successivo all’acquisto di crostacei vivi, come i granchi blù del caso in questione”, dice Angelo Fanton, presidente dell’associazione Cibo Futuro.
“I granchi blu hanno una vitalità che tuttavia non è eccezionale. In genere muoiono dopo sei o dieci ore da quando vengono acquistati. Il vero problema non è tanto quello di vederli saltellare, quanto prepararli per chi non è abituato a farlo. Anche perché è un animale più complicato da trattare rispetto al granchio comune. Per mangiarlo bisogna pulirlo, spaccarlo con il martello, aprire le chele e il guscio, dopo averlo fatto bollire con un procedimento decisamente più difficile”.
Il rischio, insomma, è di ritrovarsi la cucina completamente invasa da pezzi del coriaceo invasore delle nostre coste, anche perché capace di depredare colonie di militi e molluschi e quindi di distruggere intere produzioni ittiche.
“La situazione -aggiunge Fanton- non migliora certo se si vogliono cucinare i granchi blu in guazzetto, perché a quel punto diventa facile imbrattare tutte le pareti della cucina di pomodoro, oltretutto il quantitativo di prodotto commestibile che se ne ricava è inferiore, in termini di quantità e qualità, rispetto alle specie nostrane”.
La diffusione del granchio blu sulle coste italiane può essere trasformata in un volano per l’economia
Dal punto di vista commerciale in Italia la filiera del pesce non è ancora attrezzata per distribuire quantitativi di granchio blu sufficienti, tra l’altro, a contrastarne la diffusione incontrollata.
“Se questa specie di crostacei prolifera in questo modo non è soltanto a causa del fatto che si riproduce con rapidità per poi distruggere l’ecosistema, dove non ci sono predatori che se ne possano cibare, ma anche perché non siamo abituati a mangiarli, come si fa con la granseola o con il coregone, che è pur sempre una specie aliena sebbene venga pescata nel lago di Bracciano”.
“Un aneddoto può aiutare a comprendere meglio quale sia la condizione con cui l’industria del pesce tratta questa specie. Un importatore sud coreano, saputo che in Veneto le colonie avevano iniziato a spaventare le imprese locali, chiese di poterne addirittura acquistare 20mila tonnellate anche perché gli asiatici sono grandi consumatori di pesce e di crostace”, conclude Angelo Fanton che venerdì prossimo 18 ottobre parteciperà con uno show cooking alla Sagra della Seppia in programma a Ostia Lido.
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