Bisognerà attendere almeno sino al prossimo 12 ottobre per conoscere l’esito del processo d’appello nei confronti dell’unico imputato, tra i sette rinviati a giudizio, condannato in prima istanza con rito abbreviato a due anni di reclusione per la morte di Elena Aubry. La ragazza 26enne morì il 6 maggio del 2018 cadendo dalla sua motocicletta mentre percorreva la via Ostiense alle porte del Lido. Sotto accusa la pessima manutenzione del manto stradale dissestato a causa dei mancati interventi sulle radici dei pini che avevano trasformato la strada in una sorta di circuito per moto da cross.
La sentenza di appello per uno degli otto imputati nel processo sul tragico incidente in cui perse la vita Elena Aubry slitta di due settimane
Nel corso dell’udienza che si è svolta a porte chiuse ieri, ieri, lunedì 25 settembre a piazzale Clodio, i magistrati hanno esaminato la documentazione presentata dagli avvocati dell’amministratore delegato nonché responsabile legale della ditta che aveva in appalto la manutenzione della strada su cui Elena cadde, perdendo il controllo della sua moto a causa delle radici affioranti e la vita nel successivo violentissimo impatto con l’asfalto. I giudici d’appello hanno tuttavia deciso di rinviare la pronuncia relativa al secondo grado di giudizio per consentire ai legali dell’imputato di presentare alcuni documenti che il collegio ha ritenuto importanti per garantire la “giusta completezza” del procedimento penale. Gli altri sette indagati andranno, invece, a giudizio il 9 luglio del 2024.
Continua dunque il calvario che Graziella Viviano, mamma di Elena Aubry, sta trascorrendo con animo sofferto in attesa della conclusione di un processo che si trascina da diversi anni. La signora Graziella ha ricordato ancora una volta di essere giunta sul luogo dell’incidente “due ore dopo la morte di mia figlia. Il manto stradale era devastato e ricoperto da aghi di pino”. Ma di quale “manutenzione parliamo? Il pubblico ministero, la dottoressa Condemi, ha soppesato con i periti del tribunale la vergognosa realtà della via Ostiense: cordoli di aghi di pino in banchina dove addirittura erano ricresciute altre piante. Io non odio nessuno ma il lassismo, il non fare ciò che andava fatto, ha ucciso Elena. La sua morte è l’apoteosi del menefreghismo degli intoccabili, perché se la causa dei decessi era la strada le morti si archiviavano”.
A cinque anni di distanza dalla tragedia le condizioni del tratto di strada in cui Elena perse la vita hanno completamente cambiato aspetto. L’asfalto è stato rifatto ed è privo di qualsiasi avvallamento, i pini malati sono stati abbattuti e quelli ancora sani lasciati al loro posto rasando le radici nei punti in cui era necessario.
“Ma la colpa più che degli alberi -sottolinea ancora mamma Graziella– è degli uomini, della gestione sbagliata o assente. L’uomo non deve soverchiare la natura, ma allo stesso modo la natura non deve soverchiare l’uomo: dobbiamo trovare un equilibrio. Mia figlia è morta per la cattiva gestione da parte degli uomini e, guarda caso, adesso risolta. Perché ora c’é una strada liscia come un biliardo e, se si poteva fare, perché non è stato fatto prima?”.