Il parere – I gratta e vinci ovvero la tassa sulla speranza che prosciuga le tasche

La probabilità di vincite significative al "Gratta e Vinci" è di una su svariati milioni

Il parere - I gratta e vinci ovvero la tassa sulla speranza che prosciuga le tasche

di Roberto Riccardi *

136 miliardi di euro. Tanto hanno speso gli italiani in gioco d’azzardo nel 2023, una cifra che supera l’intera manovra finanziaria dello Stato. Di questi, 10,7 miliardi solo in “Gratta e Vinci”.

La probabilità di vincite significative al “Gratta e Vinci” è di una su svariati milioni

Il 43% dei giocatori regolari appartiene alla fascia di reddito bassa, nonostante rappresenti appena il 24% della popolazione. La spesa media per giocatore nelle fasce economiche inferiori raggiunge i 1.450 euro annui, contro i 320 euro delle fasce alte. Questi non sono semplici numeri. È la matematica dell’ingiustizia sociale.

In una tabaccheria dei Parioli, nel cuore dell’alta borghesia romana, la dimostrazione pratica di questa statistica si materializza ogni giorno: persone con buste della spesa discount in mano e vestiti lisi acquistano sistematicamente “Gratta e Vinci”.

Non sono residenti benestanti, ma lavoratori, badanti, operai di passaggio. Mentre i professionisti comprano sigarette elettroniche o sigari cubani, chi guadagna un decimo del loro stipendio scommette i propri spiccioli sul sogno di una ricchezza irraggiungibile.

Il paradosso nazionale del gioco d’azzardo legalizzato è questo: la scommessa dei poveri finanzia le casse dello Stato, mentre i ricchi osservano dall’alto questo fenomeno sociale. Non esiste casualità in questa dinamica. È un sistema progettato con precisione che estrae risorse dalle fasce più vulnerabili della popolazione.

Si tratta di una tassazione regressiva mascherata da intrattenimento. Il cittadino con reddito minimo destina al gioco una percentuale del proprio stipendio cinque volte superiore rispetto al professionista benestante.

Lo Stato incassa il 15% della raccolta, circa 20 miliardi l’anno, prevalentemente dalle tasche di chi fatica ad arrivare a fine mese.
La motivazione è chiara. Quando la mobilità sociale è bloccata, quando l’ascensore economico è guasto da decenni, il biglietto della lotteria rappresenta l’unica possibilità percepita di cambiare vita.

Un sistema economico che rende impossibile emergere attraverso studio e lavoro spinge inevitabilmente verso soluzioni irrazionali. Chi non può permettersi di risparmiare per anni, chi non ha accesso a investimenti o rendite, punta tutto sul colpo di fortuna.

I monopoli di Stato lo sanno perfettamente.
Le pubblicità del gioco celebrano proprio questo: “La vita che cambia in un istante”, “Diventa milionario oggi”. Messaggi che colpiscono con precisione chirurgica chi vive nell’incertezza economica. Gli slogan rassicuranti sul “gioco responsabile” rappresentano una foglia di fico che nasconde l’evidenza: lo Stato dipende da questi proventi quanto il giocatore compulsivo dalla sua dose di adrenalina.

Le conseguenze sono devastanti. Famiglie in difficoltà che si indebitano ulteriormente, risparmio azzerato per chi ne avrebbe più bisogno, risorse sottratte all’educazione e alla salute. Un circolo vizioso di povertà che si autoalimenta mentre si continua a parlare di meritocrazia e opportunità.

La probabilità di vincite significative al “Gratta e Vinci” è di una su svariati milioni. L’industria del gioco prospera sulla scarsa alfabetizzazione matematica e sulla disperazione economica. Questo è un fatto incontestabile.

Nei quartieri benestanti, i punti vendita abbondano – 4,2 per 1.000 abitanti contro una media nazionale di 3,1 – ma chi acquista non appartiene a quel contesto sociale. Il 68% dei giocatori che acquistano in zone ricche proviene da aree limitrofe con reddito inferiore. Si assiste a un trasferimento di ricchezza dal basso verso l’alto, mediato dallo Stato.

Il Governo nazionale e i sindaci devono intervenire: limitare la densità dei punti vendita nelle aree vulnerabili, rimodulare la tassazione sull’industria del gioco rendendola progressiva in base ai profitti, investire in campagne informative oneste sulle reali probabilità. Il gettito fiscale è troppo prezioso, ma il costo sociale è insostenibile.

La verità è scomoda ma innegabile: il gioco d’azzardo legalizzato funziona esattamente come progettato: non come intrattenimento, ma come estrattore efficiente di risorse dalle fasce sociali più deboli. Una politica fiscale mascherata che nessun governo ha il coraggio di chiamare con il suo nome.

Fino a quando il lavoro onesto non garantirà dignità economica, fino a quando l’istruzione non rappresenterà un reale strumento di mobilità sociale, gli italiani continueranno a grattare cartoncini colorati nel tentativo disperato di sfuggire alla loro condizione. E lo Stato continuerà a incassare, sistematicamente, la tassa sulla disperazione. Questa è la realtà. Ignorarla significa esserne complici.

* Roberto Riccardi – Commissario UDC Roma e Città Metropolitana