La giusta diagnosi e una operazione più tempestiva avrebbero salvato la vita di un bimbo afflitto da un problema congenito al cuore. Invece Giacomo Francesco Saccomanno, e un pacemaker che lo affannava, non ce l’ha fatta ed è morto all’età di due anni. E’ la ricostruzione della procura di Roma che oggi ha chiesto il rinvio a giudizio per omicidio colposo di cinque medici dell’ospedale pediatrico romano per eccellenza, il Bambino Gesù.
Una diagnosi più celere con relativo intervento avrebbero salvato il bimbo, secondo la ricostruzione della procura di Roma
L’udienza preliminare è stata fissata per il 26 marzo davanti al gup di Roma. Gli specialisti, in cardiochirurgia e cardiologia, in momenti diversi – tra aprile e dicembre del 2018 – avrebbero visitato più volte il piccolo senza, secondo la procura, disporre Tac al cuore urgenti e senza rendersi conto che il pacemaker impiantato mesi prima nell’ospedale di Taormina era ormai da sostituire.
Esami più approfonditi e una giusta diagnosi avrebbero evitato la morte del bimbo avvenuta il 3 gennaio del 2019, è stata la conclusione del pm Daniela Cento.
Una inchiesta bis
Sul caso era stata aperta una prima inchiesta poi archiviata e successivamente, sulla base di ulteriori elementi portati all’attenzione dei magistrati di piazzale Clodio è stato aperto un nuovo fascicolo nei confronti dei medici. Ora per loro la procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio.
Il piccolo, nato a Rosarno e affetto dalla nascita da una grave patologia cardiaca, era stato sottoposto a un intervento al centro cardiologico pediatrico Mediterraneo dell’Ospedale Bambino Gesù del San Vincenzo di Taormina. Il bimbo mentre si trovava in Calabria era stato trasferito poi a Roma, dove è deceduto.
Secondo l’accusa formulata dalla procura i medici dell’ospedale romano, che lo avevano in cura e lo avevano visitato più volte, intervennero sul bimbo con “macroscopico ritardo” quando già versava in “arresto cardiocircolatorio prolungato”.
Le condizioni del bimbo precipitano il 31 dicembre. Giacomo si trova in Calabria con la famiglia. La corsa all’ospedale di Polistena e il volo con aereo militare atterrato a Roma sottolineano la gravità della situazione. Alle nove di sera dell’ultimo giorno dell’anno, quando il piccolo arriva al Bambino Gesù, non viene operato subito.
Solo il primo gennaio del 2019 inizia l’intervento. E qui ancora uno sbaglio, secondo l’accusa: le cannule arteriose e venose sarebbero state posizionate male. Giacomo entra in coma. Morirà il 3 gennaio 2019.
A sei anni di distanza i medici vengono accusati di “negligenza, imprudenza ed imperizia“. Nel procedimento i genitori del bimbo, assistiti dagli avvocati Jacopo Macrì e Domenico Naccari, si costituiranno parte civile.
Il nonno del bimbo: “Errori inaccettabili”
“Dopo una lunga e dolorosa battaglia giudiziaria, durante la quale abbiamo dovuto affrontare continui tentativi di occultare la verità, finalmente iniziamo a intravedere quella giustizia che mio nipote Giacomo, morto a soli due anni a causa di malasanità, merita pienamente”, le parole del nonno del bimbo, Giacomo Saccomanno, di professione avvocato.
“Di fronte a palesi illogicità probatorie, mi sono visto costretto a denunciare per falso i periti nominati dal Tribunale. Grazie alla mia denuncia e agli accertamenti condotti dalla Procura di Roma, il Pubblico Ministero ha deciso di riaprire le indagini e ha richiesto il rinvio a giudizio per i medici indagati”, ha spiegato.
“Rimane l’amarezza per una vicenda profondamente segnata da gravi prevaricazioni, che abbiamo contrastato e continueremo a contrastare con fermezza e dignità. Questa è stata e continuerà ad essere una battaglia di civiltà, portata avanti per ottenere giustizia per il piccolo Giacomo. Non mi arrenderò fino a quando non sarà fatta piena giustizia per lui e per tutte le famiglie costrette ogni giorno a combattere contro un sistema che troppo spesso lascia impuniti errori inaccettabili”, ha concluso.