La Roma del Giubileo è indifesa: il posizionamento dell’opera i “Sampietroni” svela la vulnerabilità della Capitale

Lo scandalo dei "Sampietroni": i blocchi di cemento artistici installati nel cuore della Capitale saranno rimossi perché privi di autorizzazione

Nella foto i blocchi di cemento opera di Marco Duranti - canaledieci.it

Di notte, nel silenzio assordante dell’indifferenza istituzionale, i “Sampietroni”, gli enormi blocchi di cemento realizzati dall’artista Marco Duranti, sono stati posizionati e fissati nel cuore pulsante di Roma. Piazza Cola di Rienzo, Via Pomponazzi, Piazza Trilussa: luoghi simbolo, crocevia di turisti e romani, arterie vitali della Capitale del Giubileo. E nessuno ha visto, fermato o semplicemente chiesto cosa stesse accadendo.

Lo scandalo dei “Sampietroni”: i blocchi di cemento artistici installati nel cuore della Capitale saranno rimossi perché privi di autorizzazione

Ci voleva un artista, per smascherare la farsa della sicurezza romana. Con i suoi “Sampietroni” infatti, Marco Duranti ha inconsapevolmente eseguito il più efficace dei test di penetrazione, rivelando l’inquietante verità: Roma è una città indifesa, un palcoscenico aperto dove chiunque può recitare la parte che preferisce, anche quella più nefasta.

Nell’opera installata poteva nascondersi un ordigno

In un’Europa dove il terrorismo, perpetrato principalmente da “lupi solitari”, continua a mietere vittime dall’inizio dell’anno, dove l’ombra della paura si allunga sulle piazze delle capitali, la nostra risposta qual è? Permettere che blocchi di pietra artificiale vengano installati e fissati indisturbati in luoghi affollati 24 ore su 24.

Non fatevi ingannare dalla natura artistica dell’operazione. Sostituiamo nella nostra mente i “Sampietroni” con ordigni esplosivi, e il risultato è agghiacciante: una strage annunciata, preparata alla luce della luna, sotto gli occhi chiusi – o distratti – di chi dovrebbe vigilare.

La Roma del Giubileo è indifesa: il posizionamento dell'opera i "Sampietroni" svela la vulnerabilità della Capitale 1
Nella foto un blocco di cemento opera di Marco Duranti – canaledieci.it

L’installazione non autorizzata

Il caso Duranti non è un’innocua provocazione artistica, ma la prova provata di un sistema di sicurezza collassato.

Se questo è lo stato delle cose nella città che già da tre mesi accoglie milioni di pellegrini per il Giubileo in corso, c’è da tremare.

Le autorità, con imbarazzante ritardo, si sono affrettate a dichiarare che i blocchi saranno rimossi perché “privi di autorizzazione”. Come se il problema fosse burocratico e non di sicurezza nazionale. Come se la vera questione fosse l’assenza di un timbro su un foglio e non l’assenza di controlli in uno dei periodi più delicati della nostra storia recente.

Il caso Duranti: la prova di un sistema di sicurezza al collasso

E i fatti, con crudele puntualità, continuano a confermare questa tesi. Solo l’altro ieri, in pieno giorno, una donna è stata accoltellata da un rapinatore in Via Nazionale, a pochi passi dalla Questura e dal Ministero dell’Interno.

Un paradosso che lascia senza fiato: aggredita a lama nuda proprio dove dovrebbero concentrarsi le garanzie di sicurezza della Capitale e della Nazione intera.

La verità, che nessuno ha il coraggio di ammettere, è che la sicurezza a Roma è un’illusione, un miraggio che si dissolve non appena qualcuno decide di metterla alla prova. E con i “Sampietroni” siamo stati fortunati: era solo arte. Ma domani?

I Sampietroni come monito

La misura è colma. Non possiamo più tollerare pantomime istituzionali, comunicati rassicuranti, passerelle politiche. Esigo – e tutti dovremmo esigerlo – un cambio di passo radicale, un ripensamento completo delle strategie di sorveglianza, un’assunzione di responsabilità da parte di chi ha permesso che la Capitale d’Italia diventasse terra di nessuno.

I “Sampietroni” di Duranti non sono solo un’installazione artistica: sono un monito, un campanello d’allarme che suona assordante nelle orecchie di chi ancora riesce a sentire.

Roma è vulnerabile, esposta, indifesa. Il tempo delle parole è finito. O interveniamo adesso, o ci ritroveremo presto a contare vittime invece che polemiche.

Roberto Riccardi