L’operazione è stata battezzata “Porte girevoli”. Perché con l’aiutino giusto a Rebibbia sarebbero fioccati permessi facili che aprivano le porte del carcere per farle richiudere alle spalle anche di detenuti di calibro.
Nell’operazione Porte girevoli arrestato lo psicologo Vincenzo Saulino: chi è e le contestazioni
Porte girevoli, appunto. Un sistema datato secondo la procura di Roma che nella doppia retata di oggi (nella prima è finita in manette l’avvocatessa Lucia Gargano) con al centro il carcere romano ha portato, sul fronte dei permessi facili, agli arresti domiciliari il dottor Vincenzo Saulino, 70 anni, uno psicologo e psicoterapeuta romano in servizio al SerD, il servizio delle tossicodipendenze del penitenziario e un ex detenuto che sarebbe stato favorito.
Misura cautelare interdittiva dal servizio, invece, per due operatrici sanitarie, sottoposte allo psicologo che – secondo la ricostruzione degli investigatori – non ne avrebbero frenato la disinvoltura fino in alcuni casi ad assecondarlo.
La pipì col trucco
Secondo i magistrati lo psicologo si sarebbe prestato a firmare certificazioni non veritiere pur nella consapevolezza che avrebbero aperto le porte del carcere a detenuti in fine pena così assegnati a strutture esterne, perlopiù comunità per tossicodipendenti dall’hinterland al litorale di Roma.
Da qui il trucchetto ideato dai detenuti di far urinare compagni tossicodipendenti nelle provette che poi venivano consegnate al SerD. Per provare così tossicodipendenze non vere.
I reati contestati
Allo psicologo – al centro di un ruolo di certo non facile – vengono contestati più reati: come il falso in atto pubblico ma anche la corruzione per aver compiuto un atto contrario al dovere di ufficio. Quest’ultima contestazione ha portato agli arresti domiciliari assieme al dottor Saulino anche Maurizio Di Mastromatteo, un ex detenuto accusato di aver foraggiato o comunque promesso allo psicologo mille euro.
La richiesta specifica: Di Mastromatteo avrebbe puntato a una relazione psicologica in cui veniva espresso parere favorevole ai benifici penitenziari di legge e destinata ad essere utilizzata in procedimenti di sorveglianza a cui era sottoposto.
Ma lo scambio di urine sarebbe stato uno dei sistemi più usati dai detenuti per ottenere certificazioni non veritiere firmate dallo psicologo, un’anticamera dell’uscita dal carcere.
Tanto che a settembre 2024 sono dovute intervenire nuove disposizioni a Rebibbia che imponevano la raccolta delle urine sotto stretta vigilanza e senza più alcuna elasticità, come con provette addirittura consegnate in alcuni casi la sera prima.
Le conseguenze
Fatto sta che il sistema delle certificazioni facili – secondo gli inquirenti – avrebbe condizionato l’operato dei magistrati indotti a seguire le indicazioni fornite e quindi a concedere benefici penitenziari altrimenti non ammissibili.
La retata
Le misure cautelari firmate dal gip Annalisa Marzano farebbero leva su intercettazioni ambientali raccolte dagli investigatori del Nic della Polizia Penitenziaria e dai carabinieri.
L’Arma sempre nella giornata di oggi ha eseguito altre 28 misure cautelari: personaggio di spicco dell’indagine l’avvocata Lucia Gargano. La penalista si sarebbe adoperata per raccogliere e ritirare ‘pizzini’ da detenuti reclusi nel carcere di Rebibbia ma anche consegnato telefonini e droghe.
N.b. Si precisa che l’indagine è ancora nella fase preliminare quindi le persone coinvolte e citate sono da considerare innocenti. La colpevolezza si concretizza solo a conclusione di tutti i gradi di giudizio