Ordine di sgombero per l’Oasi Naturista, il chiosco al servizio dei nudisti. E Labur denuncia il Campidoglio alla Capitaneria di Porto: “Il Comune occupa abusivamente il Demanio marittimo”
Estate 2025 senza chiosco per i naturisti di Roma? Il Campidoglio ha ingiunto lo sgombero per la successiva demolizione dell’Oasi Naturista di Capocotta, la struttura al servizio degli appassionati di tintarella integrale voluta dal sindaco Rutelli fin dal 1999. Al Comune di Roma, prima amministrazione locale in Italia a istituzionalizzare la pratica del naturismo, si è deciso di arretrare di 25 anni rispetto a quel primato.
Mentre sono in corso le pratiche per assegnare due chioschi di Capocotta a gestori privati per i prossimi sei anni, scatta un provvedimento radicale da parte del Campidoglio: il chiosco al servizio dell’arenile autorizzato alla pratica del nudismo, ovvero l’Oasi Naturista, va demolito. I termini, addirittura, sono già scaduti il 30 dicembre e da un giorno all’altro i tecnici dell’assessorato capitolino all’Ambiente si potrebbero presentare attrezzati con ruspe a bracci meccanici al km 9,300 della via Litoranea per effettuare la demolizione.
Va sottolineato che nelle carte allegate alle gare d’appalto per l’affidamento dei chioschi di Capocotta, l’Oasi Naturista non figura. E il Campidoglio non ha mai inteso metterlo a gara per la sua gestione. Il suo destino, dunque, è quello di essere demolito.
“L’accusa è che non siamo dotati di titolo edilizio – spiegano i gestori del chiosco, addetti anche alla pulizia dell’arenile e al servizio di salvamento – Non è vero e l’abbiamo dimostrato agli uffici ma ci è stato risposto che quelle carte non sono valide”. Va ricordato che l’amministrazione capitolina nel 1999 autorizzò la costruzione del chiosco a spese degli attuali gestori in cambio dell’affidamento della struttura e dei servizi resi ai bagnanti.
Secondo Labur, Laboratorio di Urbanistica, che ha presentato una dettagliata denuncia alla Capitaneria di Porto, i chioschi autorizzati dal Comune di Roma, anche quelli più recenti, si trovano su un’area del Demanio Marittimo, quindi di proprietà dello Stato e non del Campidoglio. “I due bandi lanciati dal Comune di Roma per Capocotta, sia quello del 2024 che quello in corso – sottolineano da Labur – prevedono l’affidamento e la gestione dei singoli chioschi (con ristorazione), dei lotti ivi insistenti e delle aree dunali ‘di proprietà di Roma Capitale, dalla linea Sid al confine con la strada Litoranea come da planimetrie allegate’. Per ‘linea SID’ viene inteso il limite a terra del Demanio Marittimo, detto anche “dividente demaniale”. Tale limite è graficizzato sul sito Portale del Mare del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti. Il Demanio Marittimo è pubblico e si estende dalla “linea SID” fino alla linea di costa, individuando quello che viene comunemente definito arenile o spiaggia pubblica. Per il Comune di Roma, i 5 chioschi non ricadono sul Demanio Marittimo”.
“Di fatto – prosegue Labur – la spiaggia libera di Capocotta viene lottizzata dal Comune di Roma trasformando i chioschi in piccoli stabilimenti balneari senza concessione marittima in virtù di due bandi del tutto irregolari che si avvalgono di un andamento della dividente demaniale mutato senza alcuna trasparenza amministrativa”.
“Ricordiamo – conclude Labur – che per poter variare la dividente demaniale, fatto che la Capitaneria di Porto di Roma sostiene non essere avvenuto nel 2024, occorre, ai sensi del Codice della Navigazione, una precisa delimitazione del Demanio Marittimo mediante un procedimento disciplinato dall’art. 32 che mira a rendere evidente la demarcazione tra un bene pubblico (quello marittimo) e le proprietà confinanti, che siano private o patrimonio della Pubblica Amministrazione. A Capocotta nulla di questo è avvenuto arrivando al paradosso che la più grande spiaggia libera del litorale laziale e forse d’Italia è priva del Demanio Marittimo per occupazione senza titolo da parte del Comune di Roma”.