No del Tar del Lazio all’installazione della mega antenna telefonica “killer” vicino a Dragona, a gennaio la sentenza definitiva
Quell’antenna telefonica a Bagnoletto non s’ha da fare. Perché può mettere a grave repentaglio la salute di un giovane esposto al rischio di fatali crisi epilettiche se il dispositivo cardiaco salva vita che lo protegge viene disturbato da interferenze delle onde elettromagnetiche.
Il giudice monocratico dalla sezione quinta quater del Tar del Lazio ha accolto con un decreto d’urgenza il ricorso presentato dalla famiglia del ragazzo con il sostegno del Comitato di quartiere di Bagnoletto, contro l’installazione di un mega ripetitore alto quasi trenta metri in via Carlazzo 11, nei pressi di Dragona località situata alle spalle del litorale romano.
La struttura “killer”, composta da 12 antenne, 24 ripetitori e 2 parabole ancorati a un traliccio dovrebbe sorgere a soli trenta metri dall’abitazione dove vive il giovane che è affatto dalla Sindrome di Brugada e soffre di crisi di epilessia autoimmune. Il ripetitore potrebbe, infatti, creare uno shock anomalo o impedire l’attivazione del defibrillatore endocavitario che protegge il ragazzo da possibili sintomi e ricadute della patologia di cui è portatore.
Il provvedimento giudiziario blocca, pertanto, qualsiasi prosecuzione dei lavori di installazione e mette nell’angolo il Dipartimento di pianificazione urbanistica del Comune di Roma Capitale, i gestori telefonici Vodafone e Tim oltre che la società incaricata di procedere all’installazione del ripetitore, la Inwit Infrastrutture Wireless Italiane Spa.
L’accoglimento per decreto del ricorso è soltanto un primo passo dell’iter processuale perché la causa sarà valutata nel merito dal tribunale convocato in sede collegiale per l’8 gennaio del nuovo anno.
I magistrati dovranno decidere, questa volta in camera di consiglio, se i gravi motivi correlati agli effetti dell’antenna siano o meno effettivamente suscettibili di mettere a rischio a salute del giovane anche in base alle norme sulla tutela dei diritti e della dignità della parte interessata disciplinati dalla normativa comunitaria contenuta nel Regolamento del Parlamento e del Consiglio dell’Unione europea 2016/679.
L’iter giudiziario è stato avviato dai genitori del ragazzo di Bagnoletto dopo una serie di diffide cadute nel vuoto contro la determinazione pubblicata il 29 marzo scorso dal X municipio in merito alle fasi di installazione, trasloco e adeguamento delle antenne destinate a confluire nella nuova installazione della Stazione Radio Base di via Carlazzo su cui, per un ritardo amministrativo di 39 giorni, non si era potuta pronunciare la Conferenza di Servizi convocata dal Dipartimento competente.
“Da quel momento, insieme ai cittadini e ai genitori del ragazzo ci siamo subito attivati presentando diffide con richiesta di sospensiva al Sindaco di Roma, al Dipartimento PAU, alla Inwit e alle compagnie telefoniche” sottolinea il Presidente del Comitato di Quartiere Bagnoletto, Marco Fagnani.
“Sono susseguiti accessi agli atti e commissioni municipali per chiarire la vicenda, fino a proporre tre siti alternativi nella zona industriale di Dragona, ma nessuna istruttoria è stata attivata da parte di Roma Capitale. Solo una timida letterina del Dipartimento PAU alla quale Inwit ha risposto con un supponente ‘no, grazie!’. Addirittura, sono state ignorate dal Comune di Roma e Inwit le opposizioni con diffida da parte dei co-proprietari dell’immobile, che hanno impugnato il lascito testamentario e sono in attesa del parere del Tribunale”, conclude Fagnani.
Inwit Spa era già pronta ad attivare il cantiere vantando di aver maturato, nel silenzio-assenso degli uffici comunali competenti, il diritto di installare il mega ripetitore ma il Tar del Lazio ha dato in via di tutela precauzionale ragione ai ricorrenti sulla base di una serie di considerazioni che spaziano dalla violazione dell’articolo 32 della Costituzione che tutela in via prioritaria il diritto alla salute, ad alcuni vizi di forma del procedimento amministrativo.
Tra questi ultimi gli avvocati della parte lesa hanno insistito sull’eccesso di potere per illogicità e irragionevolezza delle motivazioni, oltre che per un chiaro difetto di istruttoria essendo, tra l’altro, saltata la Conferenza di servizi in cui potevano essere valutati i rischi per la salute associati alla posizione dell’antenna e le eventuali diverse ubicazioni dell’impianto.
Per il momento, partendo dal presupposto dell’estrema gravità e urgenza fondata sui potenziali effetti negativi delle onde elettromagnetiche sullo stato di salute del giovane il Tar ha fermato i lavori.
Per conoscere l’esito definitivo del giudizio di primo grado bisognerà ora attendere che il tribunale si riunisca per deciderne il merito. Va ricordato che le sentenze di primo grado in sede di processo amministrativo possono essere impugnate di fronte al Consiglio di Stato che è organo giurisdizionale di ultima istanza.