(Adnkronos) – "Il trend delle morti, delle vittime sul lavoro è immutato. Nonostante tutto quello che viene detto in occasione di eventi che richiamano l'attenzione generale, come ad esempio con quanto avvenuto a Calenzano. Il numero delle morti a dicembre è 2,5 al giorno, che è un po' più bassa di quella che abbiamo visto durante gli altri mesi. È chiaro che poi ci sono delle 'fiammate', delle accelerazioni, per esempio, negli ultimi tre giorni, escludendo oggi, abbiamo avuto 15 vittime in tre giorni, quindi praticamente un morto ogni quasi cinque ore, 488 minuti per la precisione". Così, con Adnkronos/Labitalia, Piero Santonastaso, giornalista, ideatore e curatore di 'Morti di lavoro', progetto partito su Facebook e oggi anche su Instagram e in cui racconta, e dà conto, del fenomeno degli incidenti sul lavoro al di là dei dati ufficiali. Secondo i dati raccolti da Santonastaso per 'Morti di lavoro' nel 2024 sono 1093 i morti (sul lavoro 827; in itinere 265; media giorno 3,1). Un progetto, quello di 'Morti di lavoro', che si sta sempre più allargando. "Alla fine di novembre abbiamo fatto un evento nella sede centrale di Inail insieme alla onlus Rete Iside, per la premiazione di un concorso fotografico che si chiama 'Lavoro in sicurezza', giunto alla seconda edizione. Io sono nella giuria e abbiamo premiato la serie di foto legate proprio ai problemi del lavoro e della sicurezza, e della mancata sicurezza", spiega Santonastaso. Un lavoro quotidiano, quello portato avanti con 'Morti di lavoro', che cerca di mettere in luce le criticità di tanti casi di infortuni mortali che non finiscono sulla ribalta nazionale ma raccontano di vite sfumate in un attimo, spesso, per mancato rispetto delle regole. "Dipende dall'attenzione che viene riservata dai giornali, dalla clamorosità dei casi, dal fatto, per esempio, che ci sia un'esplosione come quella di Calenzano, che accade in un punto assai critico, sul quale però nessuno ha avuto qualcosa da ridire negli ultimi 70 anni, perché quello è un deposito che sta lì dagli anni 50. Occorre sempre un incidente clamoroso perché si parli di infortuni sul lavoro. Come qualsiasi altro argomento si parli in Italia c'è un momento di grande attenzione, poi pian piano cala. Purtroppo è abbastanza normale per la nostra mentalità che possa accadere di morire facendo il proprio lavoro", commenta amaro Santonastaso. E sta diventando abbastanza normale che a perdere la vita sia qualcuno che nel mondo del lavoro si è appena affacciato. "Andrea Bedon -racconta- è morto il 3 dicembre in Veneto, in provincia di Treviso. Lui a 17 anni faceva già il meccanico ed è morto andando a lavoro in motorino, un infortunio in itinere. 50 anni fa era normale che si vedessero i 16enni, i 17enni andare al lavoro da questo o da quello, fare gli apprendisti, ma oggi a me turba abbastanza che un ragazzino di 17 anni si senta già, come dire, parte del sistema produttivo invece di pensare ad altro", sottolinea. E la storia di Andrea, purtroppo, non è l'unica che riguarda giovanissimi ad essere raccontata da Santonastaso con 'Morti di lavoro'. "Nell'esplosione della fabbrica abusiva di fuochi d'artificio che c'è stata il mese scorso in Campania, è morto un giovane padre di famiglia, aveva 19 anni. E poi un 19enne morto in Puglia che lavorava nel settore agricolo. Insomma si muore molto giovani, ma si muore, visto che si allunga l'età lavorativa, anche in età molto avanzate", sottolinea. Manca la cultura della sicurezza del lavoro, la formazione ma anche i controlli. "A Calenzano -sottolinea con rammarico Santonastaso- se fosse stato fatto tutto secondo le regole non ci sarebbero stati lavori di manutenzione in contemporanea alla normale attività di trasferimento di carburanti e quella è una bomba innescata che sta lì da 70 anni, poi c'è cresciuta una città intorno, nessuno ha pensato di spostarla. E' un cane che si morde la coda perché non ci sono i controlli, ci sono 12 mila enti che si dividono le competenze, sono tutti sotto organico", conclude. —lavoro/datiwebinfo@adnkronos.com (Web Info)
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