Le occupazioni scolastiche sono pretesti per sfuggire alle proprie responsabilità o azioni politiche? Le colpe dei genitori
di Roberto Riccardi*
Le occupazioni scolastiche, come quella in corso al liceo Virgilio e in altri sette istituti superiori di Roma, non sono più solo un anacronismo, ma rappresentano un vero e proprio autogol per una generazione che rischia di compromettere il proprio futuro. In un mondo dove i giovani italiani più preparati sono costretti a cercare opportunità all’estero, i nostri studenti cosa fanno? Occupano le scuole, perdono giorni di lezione, e per cosa? Per vaghe rivendicazioni che sembrano più che altro pretesti per sfuggire alle proprie responsabilità.
La preside Isabella Palagi ha perfettamente ragione a opporsi con fermezza a questa farsa. Non si tratta più di romantica contestazione studentesca, ma di un atteggiamento autolesionista che sta minando le fondamenta del futuro professionale di questi ragazzi. In un mercato del lavoro globale, dove la competizione è spietata e la preparazione fa la differenza tra il successo e la mediocrità, perdere settimane di studio è un lusso che nessuno può permettersi.
Guardiamo in faccia la realtà: molte di queste occupazioni nascono da motivazioni pretestuose, spesso mascherate da nobili cause sociali o politiche. Ma chi ha veramente a cuore il proprio futuro non sabota la propria formazione. I paesi con cui dobbiamo competere, dalla Germania alla Cina, stanno investendo massicciamente nell’educazione, mentre qui si plaude a chi impedisce lo svolgimento delle lezioni.
È tempo di dire basta a questa cultura dell’improvvisazione e della superficialità. La scuola non è un centro sociale, non è un luogo di svago, è l’officina dove si forgiano le competenze necessarie per sopravvivere in un mondo del lavoro sempre più selettivo. Ogni giorno di lezione perso è un mattone in meno nella costruzione del proprio futuro professionale.
I genitori che oggi manifestano contro l’occupazione hanno capito che il vero diritto da difendere è quello allo studio, non quello alla protesta fine a sé stessa. La preside Palagi sta difendendo non solo l’istituzione scolastica, ma soprattutto il futuro dei suoi studenti, anche da loro stessi.
E qui arriviamo al paradosso più sconcertante: quei genitori che sostengono le occupazioni, che si ergono a paladini di una malintesa libertà di espressione. Questi “adulti“, che dovrebbero guidare i propri figli verso un futuro di successo, preferiscono invece assecondarne i capricci, confondendo l’educazione alla cittadinanza con la legittimazione dell’illegalità. Sono gli stessi che poi si lamenteranno quando i loro figli, tra qualche anno, si ritroveranno impreparati a competere nel mondo del lavoro, vittime di una formazione frammentata e superficiale che loro stessi hanno contribuito a sabotare.
Questi genitori stanno fallendo due volte: come educatori e come adulti responsabili. Invece di insegnare che i diritti si conquistano con lo studio, l’impegno e il rispetto delle regole, trasmettono il messaggio che sia legittimo ottenere ciò che si vuole attraverso la prevaricazione e l’illegalità. Un messaggio devastante che i loro figli pagheranno a caro prezzo nel loro futuro professionale.
Il messaggio deve essere chiaro: chi oggi occupa la scuola sta facendo un favore solo alla concorrenza internazionale, che ringrazierà per avere una generazione di italiani meno preparata. In un’epoca in cui la conoscenza è l’unica vera ricchezza, sabotare la propria formazione non è un atto di ribellione, è un atto di autolesionismo professionale.
È ora di finirla con questa tolleranza verso chi confonde il diritto allo studio con il diritto a non studiare. E soprattutto è ora che certi genitori smettano di fare i “compagni di classe” dei propri figli e tornino a fare i genitori, ricordando che il loro ruolo è quello di preparare i ragazzi ad affrontare il mondo reale, non di assecondarne ogni capriccio mascherato da protesta politica. Il mondo là fuori non aspetta, non fa sconti, e non si impressiona per un’occupazione scolastica. Si impressiona, invece, per la preparazione, la competenza e la serietà. Qualità che, evidentemente, a qualcuno – studenti e genitori – fanno ancora troppa paura.