Lori era ricercato da mesi dopo essere evaso dagli arresti domiciliari: a cercarlo non erano solo le Forze dell'ordine
Il cadavere di Alessio Lori detto “chiappa”, è stato trovato in un B&B, ucciso da un colpo di pistola alla testa che potrebbe essersi sparato da solo. Questa una delle ipotesi sulla morte del latitante, e figura di spicco della malavita romana, che presenta ancora molti interrogativi. Tanto che il pubblico ministero, ha aperto un fascicolo per omicidio.
Da quando era riuscito ad evadere gli arresti domiciliari, l’uomo era ricercato dalle Forze dell’Ordine e braccato anche da chi, con molta probabilità voleva eliminarlo.
Lori, soprannominato “Chiappa”, era un volto noto alle forze dell’ordine. Condannato a 14 anni di reclusione per associazione a delinquere di tipo mafioso, narcotraffico, estorsione e altri pesanti reati, era evaso dagli arresti domiciliari lo scorso agosto.
Era stato uno dei principali collaboratori di Elvis Demce, boss della malavita albanese con in mano il business dello spaccio di Tor Bella Monaca, e colui che aveva progettato l’omicidio di Giuseppe Molisso per vendicare la morte di Fabrizio Piscitelli, detto “Diabolik”, ucciso al Parco degli Acquedotti il 7 agosto del 2019.
Un elemento che rende la vicenda ancora più complessa è il legame di parentela tra Lori e i pentiti Fabrizio e Simone Capogna. I cugini, con le loro dichiarazioni, hanno svelato dettagli cruciali sulle dinamiche criminali romane e sull’omicidio di Diabolik. Questa parentela avrebbe potuto rendere Lori un bersaglio per i suoi stessi sodali, in un contesto di crescente tensione e vendette trasversali.
Le indagini sono ancora in corso e il quadro completo della vicenda non è ancora chiaro. Sebbene la pistola trovata accanto al corpo e la dinamica dell’evento sembrino indicare un suicidio, gli inquirenti non escludono altre ipotesi. La presenza di un’arma da fuoco e il passato criminale di Lori rendono possibile anche la pista dell’omicidio.
La morte di Alessio Lori seppure rappresenti la fine di un capitolo oscuro della criminalità romana, potrebbe non esserlo. La sua figura, legata a doppio filo a quella di Diabolik e dei clan albanesi, è stata centrale in una delle pagine più sanguinose della storia criminale della Capitale, che in questo momento potrebbe ulteriormente complicarsi.
Lo scorso 4 novembre intanto, la Corte d’Assise di Frosinone ha condannato all’ergastolo Raul Esteban Calderon e Giuseppe Molisso per l’omicidio di Selavdi Shehaj, avvenuto sulla spiaggia di Torvaianica nel settembre 2020.
La sentenza, emessa dopo un lungo processo, ha confermato le accuse della Procura, che ha ricostruito nei minimi dettagli l’agguato.
Secondo i giudici, Calderon, già coinvolto nell’omicidio di Fabrizio Piscitelli, è stato l’esecutore materiale del delitto. Molisso, invece, avrebbe collaborato alla pianificazione dell’agguato. Le indagini, supportate dalle intercettazioni e dalle dichiarazioni dei testimoni, hanno dimostrato come i due uomini abbiano agito in modo coordinato per eliminare Shehaj.