Prescritto il reato per l’agente che uccise sul Gra Dino Budroni

Budroni era stato colpito al petto con un colpo di pistola: la morteimmediata

Bernardino Budroni

Nessuna condanna per la morte di Bernardino Budroni. Solo un risarcimento danni per la famiglia.

Budroni era stato colpito al petto con un colpo di pistola: la morteimmediata

La Corte di Appello di Roma ha dichiarato prescritto il reato di omicidio colposo a carico dell’agente di polizia Michele P., che la notte tra il 29 e 30 luglio del 2011, al termine di un inseguimento lungo il Gra uccise con un colpo di pistola un 40enne di Fonte Nuova, Bernardino Budroni, conosciuto come Dino.

Nel processo di appello bis che si è svolto oggi a piazzale Clodio, la procura generale aveva chiesto l’assoluzione di Paone per uso legittimo di armi.

I giudici della seconda sezione penale hanno invece dichiarato il non doversi procedere per intervenuta prescrizione e condannato Paone al risarcimento del danno nei confronti della madre e della sorella di Budroni, assistite dall’avvocato Sabrina Rondinelli, oltre che all’associazione ‘A buon diritto’, rappresentata dall’avvocato Fabio Anselmo.

Budroni, che era stato denunciato per stalking dalla sua ex fidanzata, era stato inseguito mentre era a bordo della sua auto dopo aver avuto in via Quintilio Varo a Cinecittà una discussione con la sua ex fidanzata. Era stata lei a chiamare gli agenti che lo rintracciarono sul Gra e si misero a inseguirlo ad alta velocità.

Paone era stato assolto in primo grado nel 2014 e poi condannato a 8 mesi in secondo grado. La Cassazione aveva poi disposto un annullamento con rinvio e oggi nel processo di appello bis è stata dichiarata la prescrizione.

Questa sentenza di oggi non restituisce Budroni alla famiglia ma siamo comunque contenti per il risarcimento del danno, che è comunque un piccolo segnale”, commenta all’Adnkronos il legale della famiglia, l’avvocato Sabrina Rondinelli.

Prescritto il reato per l'agente che uccise sul Gra Dino Budroni 1

Versioni opposte

Le versioni dell’accaduto sostenute in aula sono due: se per i magistrati giudicanti, il poliziotto avrebbe sparato per interrompere una “grave e prolungata resistenza”, per la Procura non c’era alcun bisogno di bloccare l’auto con le armi, perché di fatto si era già fermata.

Da qui il ricorso in appello che ha poi ribaltato la sentenza: i giudici in secondo grado hanno riconosciuto la colpa e l’eccesso di difesa.

Il poliziotto non avrebbe dovuto sparare. Il caso era poi cambiato di nuovo. La Cassazione aveva accolto l’ulteriore ricorso presentato dalla difesa di Paone. Il legale ha sempre sostenuto la tesi della velocità sostenuta con cui Budroni scappava sul Raccordo, circa 200 chilometri orari.