Passa in commissione al Senato la legge delega per abolire i test di Medicina per l'accesso al numero chiuso ai corsi di laurea. Frenata da parte dell’Ordine dei Medici
Il soddisfacimento del fabbisogno di medici in Italia si può ottenere con lo stop ai test d’ammissione ai corsi di laurea in Medicina e Chirurgia. Ne è convinto il Governo che intende fare propria, attraverso il Parlamento, la legge delega che blocca l’accesso limitato nelle università italiane. L’Ordine dei Medici, però, sostiene che non è così che si risolve il problema della penuria di professionisti nella sanità.
E’ arrivato, infatti, il via libera dalla VII Commissione del Senato al disegno di legge delega che rivede le modalità di accesso ai corsi di laurea in medicina e chirurgia, odontoiatria e protesi dentaria e medicina veterinaria. E’ stato il ministro dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini, ad annunciarlo attraverso un post su Instagram. La riforma prevede l’abolizione del test di Medicina ovvero del numero chiuso al primo semestre, consentendo l’iscrizione aperta per tutti gli aspiranti medici senza sostenere i test d’ingresso. L’obiettivo è la riorganizzazione del sistema delle professioni medico-sanitarie in un’ottica di sostenibilità sia per gli Atenei che per l’Ssn. Il disegno di legge di delega al Governo mira a garantire una selezione più equa, basata sulle competenze acquisite degli studenti. L’accesso sarà infatti regolato attraverso i crediti formativi e la posizione in una graduatoria nazionale raggiunta.
“Questa giornata rappresenta un passo storico per garantire a tutti i ragazzi l’opportunità di diventare professionisti in ambito medico – spiega in una nota il ministro dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini – Il fabbisogno di futuri nuovi medici è di 30mila professionisti i più nei prossimi sette anni. Per soddisfarlo abbiamo già aumentato i posti disponibili per i corsi di laurea in medicina e chirurgia e veterinaria. Ma con oggi rivediamo completamente i criteri di selezione. Per il primo anno aboliamo il numero chiuso e i test d’ingresso, ma prevediamo un semestre-filtro con esami caratterizzanti, i cui risultati saranno comunque riconosciuti per percorsi formativi alternativi. In questo modo non solo investiamo nelle giuste aspirazioni dei nostri ragazzi, ma garantiamo anche una preparazione di qualità attraverso un’offerta formativa d’eccellenza“.
La riforma include, comunica il Mur, iniziative di orientamento già durante gli ultimi anni di scuola secondaria, con percorsi specifici per favorire l’ingresso nei corsi di laurea. Gli studenti potranno beneficiare di una formazione mirata e, in caso di mancata ammissione al secondo semestre, del riconoscimento dei crediti acquisiti per proseguire in altri percorsi di studio. Questa strategia mira a ottimizzare le risorse disponibili e garantire una preparazione di qualità in un settore cruciale per il Paese.
La federazione degli Ordini dei Medici però non approva lo stop ai test per l’accesso ai corsi di laurea. “Al Governo chiediamo di riflettere ancora un momento sulla questione del numero chiuso a Medicina. E’ una scelta che non risolve i problemi, ma può complicarli e peggiorare il futuro dei giovani che scelgono di indossare il camice bianco“. E’ l’appello del presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici (Fnomceo), Filippo Anelli, all’Esecutivo dopo il via libera dalla VII Commissione del Senato al disegno di legge delega che rivede le modalità di accesso ai corsi di laurea in Medicina e chirurgia, Odontoiatria e protesi dentaria e Medicina veterinaria, e che prevede l’accesso libero all’iscrizione senza test d’ingresso.
Anelli ricorda all’Adnkronos Salute che solo pochi giorni fa il governatore del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, coordinatore delle Regioni, “ha espresso i suoi dubbi sull’abolizione del numero chiuso“, evidenziando, nel suo intervento al congresso dei medici di famiglia Fimmg, come con questo provvedimento “si rischia di fare danni“, riducendo la qualità della formazione e favorendo il calo delle iscrizioni alle laure infermieristiche di cui il sistema sanitario nazionale ha particolarmente bisogno.
“Noi continuiamo a ritenere questo provvedimento non risolutivo dei problemi della nostra categoria. Forse un supplemento di riflessione non farebbe male“, aggiunge Anelli, anche perché, secondo il presidente dei camici bianchi italiani, siamo già in una situazione in cui un numero di medici sarà presto superiore al fabbisogno. “Dal 2027 – continua il presidente Fnomceo – finisce la gobba pensionistica, quindi avremo un aumento del numero dei laureati maggiore di quelli che vanno in pensione. Fino ad arrivare, nel 2030, a un’inversione del rapporto con un numero di medici disoccupati elevato e dovremo cercare il modo per occuparli. Anche per rispettare i giovani che devono affrontare un percorso formativo di 10 anni, sarebbe ingiusto per loro e svantaggioso per il Paese se si trovassero in condizioni di non trovare un adeguato posto di lavoro“.