Il lancio di tegole dal tetto e le celle in fiamme. Il risultato, il carcere devastato. Dopo la nottata di rivolta vissuta nel carcere di Regina Coeli è il momento dei bilanci e delle proteste. I poliziotti, esausti, avanzano richieste precise.
Dopo la nuova rivolta nel carcere di Regina Coeli i baschi blu, ormai esausti, avanzano una serie di richieste
Carcere duro per i detenuti violenti, rimpatrio dei reclusi stranieri e taser in dotazione ai poliziotti. I sindacati dei baschi blu presentano nuove richieste dopo la rivolta di ieri notte conclusa con la devastazione dell’VIII braccio, messo a ferro e fuoco da 120 detenuti. Materassi incendiati, bombolette del gas esplose, suppellettili rotte.
Tre di loro sono saliti sul tetto da dove hanno lanciato tegole sulla strada.
La prima segnalazione al 112 è arrivata alle 19.47 di ieri, mercoledì 25 settembre, proprio da una residente che segnalava la rivolta. I poliziotti in quel momento credevano di avere la situazione ancora sotto controllo.
Col passare del tempo, invece, è precipitata. Alle 22.30 circa è arrivata un’altra chiamata dei residenti di Trastevere. Il carcere era in fiamme.
“La situazione esplosiva che era nota ai vertici dell’Amministrazione penitenziaria nazionale e regionale eppure non sono stati assunti provvedimenti”, denuncia Maurizio Somma, segretario per il Lazio del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria.
“I colleghi, in servizio da ieri sera, hanno smontato dal servizio solamente questa mattina. Per fortuna, non ci sono agenti feriti ma i detenuti hanno devastato l’intera Sezione VIII”.
Ferma la denuncia del Sappe: “Si tratta di eventi conseguenti ad una situazione di tensione carceraria già ampiamente evidenziata, per altro aggravata dalla mancanza di personale: chiediamo un sopralluogo tecnico da parte del Prap e una visita ispettiva da parte dell’Asl per valutarne l’idoneità sotto il profilo dell’igiene e della sicurezza dei luoghi di lavoro”, prosegue il sindacalista.
Per Capece, servono “interventi urgenti e strutturali che restituiscano la giusta legalità al circuito penitenziario intervenendo in primis sul regime custodiale aperto”.
Chiesto il carcere duro
“Servono – propone il sindacalista – poliziotti e regole d’ingaggio chiare, tecnologia e formazione per chi sta in prima linea nelle Sezioni, strumenti di difesa e contrasto delle violenze.
Bisogna applicare ai violenti l’arresto in flagranza di reato per i detenuti che aggrediscono poliziotti penitenziari o mettono in grave pericolo la sicurezza del carcere, il carcere duro con isolamento fino a 6 mesi (articolo 14 bis dell’Ordinamento penitenziario) ed il trasferimento immediato in particolari sezioni detentive a centinaia di chilometri dalla propria residenza, come prevede il successivo articolo 32 del Regolamento.
Sicuramente a molti detenuti violenti la voglia di creare disordini mettendo a rischio la sicurezza delle carceri oppure aggredire il personale passerà”.
Espulsione degli stranieri
Il riferimento del leader nazionale del Sappe è alla necessità di “prevedere l’espulsione dei detenuti stranieri, un terzo degli attuali presenti in Italia, per fare scontare loro, nelle loro carceri, le pene e la riapertura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari dove mettere i detenuti con problemi psichiatrici, sempre più numerosi, oggi presenti nel circuito detentivo ordinario”.
I taser
Ma Capece torna anche a sollecitare, per la Polizia Penitenziaria, “la dotazione del taser, che potrebbe essere lo strumento utile per eccellenza in chiave anti aggressione (anche perché di ogni detenuto è possibile sapere le condizioni fisiche e mediche prima di poter usare la pistola ad impulsi elettrici)”.
La visita
Massimo Costantino, segretario regionale della Fns Cisl Lazio, da parte sua ha chiesto in mattinata l’autorizzazione a visitare i luoghi di lavoro degli agenti della polizia penitenziaria. L’ispezione dovrebbe svolgersi lunedì 30 settembre.
La visita sarà incentrata sulle condizioni in cui si trovano alcuni posti di servizio dell’ottavo reparto e ai piani devastati dalla rivolta.