Ponte Galeria, rivolta al centro per il rimpatrio

Durante la rivolta sfondate porte e bruciati materassi.  Tensione massima anche a Regina Coeli e Casal del Marmo

Nel Centro di prima accoglienza dopo il suicidio è scoppiata una rivolta
Il Centro di prima accoglienza di Ponte Galeria

Nuova rivolta all’interno del Centro di permanenza per il rimpatrio di via Cesare Chiodi, a Ponte Galeria.

Durante la rivolta sfondate porte e bruciati materassi.  Tensione massima anche a Regina Coeli e Casal del Marmo

Intorno a mezzogiorno di oggi, 25 luglio, una ventina di ospiti della struttura hanno rotto e aperto la porta che delimita il Settore 4 uscendo nei corridoi. Poi sono cominciate le iniziative di protesta con grida e l’incendio di 10 materassi.

Tre persone sono riuscite a salire sul tetto. Sul posto si sono precipitati più squadre della poliziotti e dei vigili del fuoco. L’allarme è rientrato solo dopo un paio di ore. Ora sono in corso le operazioni di bonifica.

Lo scorso febbraio nella struttura fu al centro di una sommossa dopo il suicidio di un giovane di 22 anni originario della Guinea che aveva lasciato scritto di voler essere tumulato in patria.

Massima tensione in questi giorni anche al carcere di Regina Coeli e nell’istituto penitenziario per minori di Casal del Marmo dove domenica dopo una rissa sono fuggiti tre ragazzi, due 17enni e un 15 enni, tutti e tre tunisini e arrestati nelle ore successivi tra Roma e L’Aquila.

Il sovraffollamento nelle strutture è ormai reso insopportabile da un caldo afoso e gli spazi ristretti.

A Regina Coeli “condizioni disumane”

Eleonora Piraino, consigliera della Camera Penale di Roma, sostiene – dopo una visita a Regina Coeli – “che in un Paese che si definisce civile certe cose non devono e non possono essere tollerate”. “Celle sovraffollate senza un ventilatore. L’aria insopprtabile, non si respira ma boccheggia”.

Stamattina ho visto condizioni umane a cui ancora non riesco a credere. Ho visto una sala ricreativa trasformata in cella per via del sovraffollamento. Dentro c’erano stipate 6 persone su 2 file di 3 letti a castello ciascuna. Con intorno a malapena lo spazio per passare intorno ai letti.

L’unica porta era il blindato, quella tutta chiusa con un’unica finestrella che si vede nei film. Un’unica finestra esposta al sole con le grate di ferro e fuori altre lamine in ferro.

Il bagno: un microscopico triangolo che si vedeva dal corridoio da una finestrella piccola come quella della porta. Ci hanno chiamato a gran voce da quel tugurio per farci vedere come vivono. Mi sono affacciata nella finestrella perché mi scongiuravano di guardare. E l’odore mi ha trafitto il cervello.

Non è umano vivere così. Neanche se a viverci è il peggiore degli assassini. Uno Stato che si professa democratico non può e non deve tollerare tutto questo”.