Aldo Fabrizi, la nipote Laura discute una tesi sul nonno: “Ecco perché lo considero l’ottavo Re di Roma”

Una laurea che si spinge alle radici della propria storia familiare ma anche di quella pubblica di Aldo Fabrizi che ha reso grande la città di Roma

“La voce, l’uomo e l’artista. Aldo Fabrizi, mio nonno”. E’ questo il titolo della tesi discussa presso l’Università Mercatorum da Laura Fabbrizi, nipote del grande attore romano scomparso nella capitale il 2 aprile 1990 all’età di 85 anni. Un vuoto incolmabile, non solo per il pubblico vasto e poliedrico che ha avuto modo di apprezzarne le qualità in tanti ambienti eterogenei. A soffrire di quella scomparsa su un piano in primo luogo affettivo è stata, infatti, la sua famiglia ed è a questa figura leggendaria che Laura Fabbrizi, sì con due B nel cognome e poi scopriremo il perché, ha dedicato il suo lavoro.

Una laurea che si spinge alle radici della propria storia familiare ma anche di quella pubblica di Aldo Fabrizi che ha reso grande la città di Roma

Perché scrivere e poi discutere con successo una tesi su Aldo Fabrizi?

Ho voluto affrontare un percorso di ricerca capace di onorare la memoria di mio nonno e di mio padre, ma ha anche di arricchire la mia esperienza personale sui temi legati alla famiglia attraverso un percorso, tra l’altro, guidato dai consigli della mia relatrice Anna Bisogno. Potrei dire che è stato, quasi, un lavoro a quattro mani perché mentre io mi concentravo sul rapporto tra Aldo Fabrizi e il cinema del periodo pre e post bellico e poi la televisione, un compagno di studi molto brillante, Domenico Livigni che aveva bisogno dei copioni su cui realizzare un’analisi dedicata all’esperienza teatrale di mio nonno, mi è stato di grandissimo aiuto per ricostruire certi passaggi”.

Come mai ha equiparato una figura così leggendaria all’ottavo Re di Roma?

Tutto il suo percorso professionale è stato caratterizzato da una crescita inarrestabile e da una catena di successi in cui ha avuto modo di esprimere tutta la sua romanità. Iniziò con l’avanspettacolo e con gag che venivano proposte prima dello spettacolo vero e proprio che poteva essere una commedia, ma anche un film. Una strada che gli si aprì dopo aver conosciuto, nel 1930 Reginella, al secolo Beatrice Rocchi, una bravissima cantante che poi ha sposato nel maggio del 1930. Si innamorò della sua bellezza e della sua voce tanto che proprio in quel periodo Reginella vinse la competizione canora che si teneva al Teatro San Giovanni di Roma. Una sorta di Festival di Sanremo ‘ante litteram’. Con questi primi lavori il nonno iniziò a superare il problema delle ristrettezze economiche e con le sue macchiette e i suoi monologhi poté mantenere le sue cinque sorelle e la mamma. C’è un’altra singolarità da sottolineare. Nonna Reginella debuttò il 24 giugno del 1924 e la mia proclamazione di laurea porta data 24 giugno 2024”.

Reginella al secolo Beatrice Rocchi moglie di Aldo Fabrizi nella foto ricordo di una serata d’onore

Qual è il messaggio lasciato da un artista ricordato anche nei nomi delle piazze e delle strade di tutta Italia?

Aldo Fabrizi ha portato al popolo romano la naturalezza e la serenità e non dimentichiamoci delle poesie e della cucina, oltre che dei tanti contributi artistici che hanno contribuito ad alleggerire un periodo storico molto difficile soprattutto durante la Seconda Guerra mondiale. Nonostante io avessi ventuno anni quando Aldo Fabrizi è scomparso, mio papà mi ha raccontato tanto della sua vita. Una vita durante la quale le tournée lo portavano spesso fuori dall’ambiente familiare ed è proprio a un carteggio dove sono custodite tutte le epistole che scriveva a chi rimaneva ad aspettarlo che ho potuto riscontrare tanti passaggi della sua carriera”.

Reginella nel giorno del suo matrimonio con l’attore romano

Aldo Fabrizi precursore del neorealismo nel cinema italiano

Il mondo del cinema diede ad Aldo Fabrizi una popolarità incredibile.

E’ stato l’antesignano del neorealismo che avrebbe spopolato in Italia nell’immediato dopoguerra. Realizzò tre pellicole che furono un’anticipazione di questa nuova tendenza narrativa nel mondo della celluloide. ‘Avanti c’è posto’, ‘Campo de’ Fiori’ e ‘L’Ultima carrozzella’. Nel periodo del Ventennio fascista il racconto crudo della realtà era censurato, i film dovevano essere leggeri e proprio per questo venivano controllati in modo ossessivo. Il Duce non voleva che si sapessero certe verità. Dopo la fine della guerra registi come Roberto Rossellini e poi Federico Fellini iniziarono a inserire nei loro lavori scene che rappresentavano l’omosessualità, scene cruente e altre in cui iniziava a emergere il ruolo sempre più importante e centrale della donna nella nostra società”.

Memorabile la sua interpretazione di don Pietro Pellegrini in Roma Città Aperta di Rossellini che, in realtà evoca la figura realmente esistita di Giuseppe Morosini, il prete che proteggeva i partigiani e che fu fucilato dai nazifascisti a Forte Bravetta il 13 aprile del 1944.

Fu un’interpretazione molto sentita e vicinissima al periodo tremendo che il film descrive, soprattutto la scena in cui il nonno assiste alle terribili torture subite da un compagno che non voleva rivelare i nomi di complici e cospiratori. Gli rimase il rammarico di non essere riuscito a vincere l’Oscar che poi fu di Anna Magnani che in quella pellicola impersonava Teresa Gullace, la giovane mamma di due bambini assassinata dai tedeschi a viale Giulio Cesare mentre cerca di raggiungere il marito trattenuto insieme ad altri deportati e in viaggio verso i campi di lavoro”.

Suo padre Massimo nato con una gemella nel 1933 e scomparso nel 2016 ammirava tanto papà da aprire poi un ristorante di famiglia dal titolo emblematico ‘Avanti c’è posto’ nel quartiere dell’Infernetto dove ancora la famiglia risiede.

Proprio in virtù di questo legame così profondo con il nonno nella mia tesi ho voluto ricordare un sonetto scritto nel 1994, uno dei circa 7mila composti, con cui mio papà Massimo volle celebrare la grandezza di una figura che ha significato così tanto per i romani ma anche per moltissimi italiani. Un componimento in dialetto romanesco in titolato ‘Mi’ padre e roma’ che nei primi versi recita così: ‘Mi’ padre e Roma, a dì’ la verità, so’ tutt’e dua l’istessa cosa in fonno. Doppo lassata traccia su ‘sto monno, nun ce so’ più…e io li sto a cercà’. Esploranno e indaganno, qua e là, sta ricerca diventa un girotonno e nun fenisce manco si pio sonno, perchè in sogno ‘ncomincio a ‘ricordà’ tutta la reartà, che, quann’è stata, ha lassato ‘n’impronta de grandezza”.

E quest’impronta di grandezza avete iniziato ad assaporarla fin da bambini immagino.

Quando andavamo a trovare mio nonno nella casa di piazza Bologna abitazione che, in realtà, univa tre diversi appartamenti io e mio fratello Alessio spaziavamo tra l’ambiente della cucina e altre stanze che ci incuriosivano. Aldo Fabrizi era un accumulatore seriale e    questo aspetto invogliava noi bambini a curiosare tra le sue cose: copioni, scritti autobiografici, ricette, quaderni, libri gadget, dediche. lettere e poesie. Un mondo affascinante da scoprire. Quando arrivava il momento dei saluti i nonni erano soliti riempirci di omaggi. Erano oggetti di cancelleria che avrebbero suscitato la curiosità di ogni bambino. Ricordo un aneddoto divertente legato ai  pacchi di  pasta  che  ci regalava.  Spesso si trattava pacchi tarlati donati dalle aziende produttrici. Ma lui asseriva che i formati  fossero  di  ottima  qualità.  Un attaccamento al cibo dettato sicuramente dal modo in cui visse prima di divenire famoso”.

La famiglia Fabbrizi al completo a sinistra in primo piano il figlio Massimo scomparso nel 2016

Quando Fabrizi fu vicino a imparentarsi con Totò

Ma è vero che Aldo Fabrizi è andato vicino a diventare cognato del principe Antonio De Curtis, in arte Totò?

In effetti in pochi conoscono questa storia. Vera, la sorella di mia nonna, avrebbe dovuto sposare Totò. I genitori avevano investito molto sulla formazione culturale di Reginella. Era andata a lezione di pianoforte e, durante le sue esibizioni canore in tutta Italia, era sempre accompagnata e controllata dalla mamma che, non a caso, era soprannominata “Il Sergente”. Così quando si prospettò la possibilità che Totò sposasse la sorella i suoi genitori si opposero, non solo perché il grande attore napoletano era considerato un libertino, ma perché gestire due situazioni sentimentali legate al mondo dello spettacolo nella stessa famiglia, per l’epoca di allora, sarebbe stato troppo pesante. Nonostante tutto mio nonno è rimasto molto legato a Totò e alla città di Napoli in cui è stato concepito e al Napoli la squadra di calcio per cui tifava, per la cucina, l’arte e le tradizioni popolari e l’ospitalità dei suoi abitanti. Ma aveva un particolare attaccamento anche verso Firenze e i fiorentini lo ricambiavano appezzando moltissimo le sue esibizioni”.

E’ necessario ora svelare il motivo per cui lei si chiama Laura Fabbrizi e il famosissimo nonno paterno Fabrizi con una sola B.

Ho ritrovato tra le carte una lettera che spiega l’arcano. Si tratta di un’epistola datata 12 aprile del 1926 in cui la mamma scrive ad Aldo Fabrizi per spiegargli di essere ritornata dall’ufficio di leva dove la sua scheda anagrafica, cercata appunto sotto la “F” ma con una sola B, non si trovasse. Grazie a una fede battesimale dove all’interno il cognome era scritto correttamente con due B la madre riuscì finalmente a far trovare l’incartamento d’archivio che cercava cui era associato il cognome Fabbrizi. Ma mio nonno che già all’epoca dimostrava un certo caratterino e una notevole testardaggine continuò a volersi far chiamare Fabrizi. Un dettaglio che gli ha poi procurato non pochi problemi burocratici come quello di aver dovuto conservare due codici fiscali per ognuno dei due cognomi”.

Laura credo che sua mamma, Claudia Terenzi, le abbia lasciato una grande libertà rispetto ai tempi in cui visse nonna Reginella. Lei insegna materie umanistiche all’Istituto comprensivo Wolfgang Amedeus Mozart dell’Infernetto di cui è preside Giovanni Cogliandro e ha due figli, Beatrice e Gianluca, che ha ereditato la vocazione artistica e creativa della famiglia. Non ha mai avuto la tentazione di seguire quel percorso che poi condusse Aldo direttamente tra le braccia della dea della settima arte?

Un intermezzo di questo tipo c’è stato. E fu nel 1978 quando al Teatro Sistina, dopo lo spettacolo di Rugantino, mio fratello ed io salimmo sul palcoscenico travestiti da Rugantino e Rosetta, e un altro, quando, durante le festività natalizie, partecipammo come ospiti, alla trasmissione Extra Show, Buon Natale condotta da Maurizio Costanzo. Seduti attorno ad un tavolo imbandito, teso a ricreare l’atmosfera delle feste, mio nonno ha regalato al pubblico televisivo, la magia di un’originale poesia di Natale. E mio nonno, uomo dalla personalità imponente, era così anche in privato, sedeva a capotavola su una sedia che io ho sempre immaginato essere una poltrona adatta a un grande imperatore”.

Come pensa che l’eredità di suo nonno potrebbe essere rilanciata in un’epoca in cui c’è una sovrabbondanza di contenuti multimediali e non, e il passato rischia di essere dimenticato?

Il mio sogno è che la storia di Aldo Fabrizi possa essere ricordata in un biopic anche per dare un contributo di resilienza ai giovani e fargli comprendere quanta fatica e quanto impegno bisogna mettere nella vita per realizzare i propri obiettivi“.

 

Laura Fabbrizi nipote di Aldo Fabrizi nel giorno della proclamazione della laurea