Arriva il Giro d’Italia di ciclismo e tutto il brutto della città attraversata dai corridori si rifà il trucco e sparisce d’incanto
E’ come se Roma si rifacesse il trucco. Nel senso, non solo, del make up ma anche della magia di nascondere le magagne di una città amministrata male e difesa peggio. Con l’arrivo del Giro d’Italia le strade diventano lisce come tavoli da biliardo, le siepi sono potate, i giardini bonificati. Il miglior volto di Roma viene mostrato al pubblico televisivo, ignaro che dietro l’angolo la città sia inguardabile. O peggio ancora, non praticabile.
Lo stiamo vedendo in queste ultime febbrili ore che ci separano dalla tappa romana del Giro D’Italia. Gli atleti partiranno dall’Eur per arrivare a Ostia, fare una “vasca” di lungomare, rientrare nella Capitale e raggiungere il traguardo del Colosseo dopo una pedalata panoramica monumentale.
A tutti noi che viviamo la città da pendolari, nel quotidiano sbattimento sulle strade della Capitale, non è sfuggito l’imponente lavorio delle asfaltatrici. Non una buca, un dosso o una crepa è stata risparmiata lungo il tracciato agonistico per evitare brutte figure in Eurovisione. Il non lontano nel tempo rifiuto dell’organizzazione ciclistica all’offerta di Virginia Raggi del palcoscenico romano motivato dalla pericolosità delle buche stradali, brucia ancora.
E, dunque, tutti al lavoro. E non solo sull’asfalto ma anche sulle siepi e sulle alberate che fiancheggiano la via Cristoforo Colombo e le altre grandi arterie da percorrere a colpi di pedale. E, ancora, operai a passare rasaerba e decespugliatori negli spazi verdi casualmente affacciati sul Giro. Persino spettacoli di piazza come contorno dell’evento sportivo.
Ecco, tutto questo, intendiamoci, è da considerare una vera benedizione per la città, per i romani e per il turismo, vero motore di una città che ha perso la sua forza economica una volta costituita dai ministeriali. Ci vorrebbe un Giro d’Italia al mese, pure di pattini a rotelle, monopattini, moto e auto (a proposito, non dimentichiamo che questa amministrazione è stata capace di cacciare via da Roma la Formula E) per riqualificare, anche a tozzi e bocconi, i diversi quadranti della nostra città.
Consentitemi, però, di abbandonarmi a un irriverente paragone tra quanto succede oggi e il lontano 3 maggio 1938. Quel giorno il fuhrer di Germania Adolf Hitler venne a Roma per una visita su invito di Benito Mussolini (si concordava l’alleanza militare per l’imminente guerra). Per mostrare al meglio le magnificenze di una città alla quale basta solo la Storia per stupire il mondo, l’apparato governativo impose una scenografia di cartapesta lungo tutto il percorso del corteo. Colonne posticce, facciate sovrapposte, archi di cartongesso, vennero montati per rappresentare una modernità e un’opulenza inesistenti.
Ecco, la sensazione che ho di fronte a questi eventi in Eurovisione, è quella delle operazioni di facciata. Al pari delle parate di Mussolini, si nasconde la polvere sotto il tappeto, si occultano le brutture, si cancellano i disservizi da Terzo mondo (quello dei trasporti pubblici è il più insopportabile) per un giorno di gloria in HD. Resta la magra consolazione che mentre Mussolini usava la cartapesta, Gualtieri l’asfalto sulle strade ce lo mette davvero.