Criptovalute su piattaforme illegali: sequestro a Roma per 63 milioni di euro

Ventuno indagati, di cui uno arrestato: avrebbero allettato gli investitori ad acquistare criptovalute su piattaforme non autorizzate

Guardia di Finanza

Moneta digitale, la guardia di finanza sequestra criptovalute per 63 milioni di euro. Ventuno gli indagati di cui arrestato e spedito in carcere. Secondo l’accusa – che contesta l’associazione a delinquere finalizzata all’esercizio abusivo dell’attività finanziaria – avrebbero arruolato investitori convincendoli a comprare moneta digitale su due piattaforme non autorizzate e, in quanto tali, possibili campo di eventuali raggiri. La base operativa ai Castelli Romani.

Ventuno indagati, di cui uno arrestato: avrebbero allettato gli investitori ad acquistare criptovalute su piattaforme non autorizzate

A procedere al sequestro nei giorni scorsi le fiamme gialle del comando provinciale e del Nucleo Speciale Tutela Privacy e Frodi Tecnologiche sempre di Roma, su coordinamento della procura di Velletri.

Il sequestro è il risultato di indagini svolte dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria delle fiamme gialle di Roma. Indagini che hanno consentito di individuare 21 persone (15 delle quali destinatarie di decreto di giudizio immediato) con base operativa a Frascati ed operanti su tutto il territorio nazionale.

Gli indagati, attraverso l’utilizzo dei social network, avrebbero promosso investimenti in criptovalute su piattaforme online prive delle prescritte autorizzazioni di legge.

Gli investimenti proposti, nella prospettiva di “arruolare” nuovi investitori e attrarre capitali sempre maggiori, prevedevano rendimenti alti a cadenza settimanale (tra l’altro non sempre riscontrati).

L’arresto

La società avrebbe operato abusivamente sul mercato creando una moneta digitale promossa sul proprio sito web.

Il sequestro ammonta a oltre 776 milioni di criptomonete con un controvalore in euro di circa 63 milioni.

Nell’ambito dell’operazione i baschi verdi i primi di marzo hanno tratto in arresto uno degli indagati, un promotore finanziario romano, mente del gruppo.

L’arresto allo scalo aeroportuale di Fiumicino poco prima che si imbarcasse in un volo diretto in Polonia dove aveva altri interessi economici.

Gli indagati organizzavano anche delle convention per reclutare investitori. La promozione però avveniva perlopiù via social o su gruppi WhatsApp.

Il problema però era a monte: le piattaforme per le criptovalute erano abusive e quindi non un prodotto di garanzia sicura per gli investitori. Da qui l’intervento delle fiamme gialle.

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