Roma, fa rapire un uomo: il mandante in manette

L'uomo fatto rapire in pieno giorno: il sequestro per un debito. Sei gli indagati in tutto

Carabinieri e polizia durante l'operazione

Fa rapire un uomo in pieno giorno, per strada, come nei film. Le modalità: la vittima trascinata fuori da un ristorante, caricata su un’auto, bendata e pestata a sangue con bende alla bocca per trattenerle le urla. A Torpignattara il 30 ottobre del 2022 era andato in scena un rapimento feroce. Oggi polizia e carabinieri hanno arrestato il presunto mandante Nure Alam Siddique detto ‘Bachcu’, presidente della storica associazione Dhuumcatu di Torpignattara. Misure cautelari anche per due fiancheggiatori.

L’uomo fatto rapire in pieno giorno: il sequestro per un debito. Sei gli indagati in tutto

L’operazione è scattata alle prime ore di questa mattina quando gli agenti della Polizia di Stato del Commissariato Viminale e i Carabinieri della Stazione di Roma Torpignattara, su delega della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura di Roma, hanno dato esecuzione a un’ordinanza che ha disposto misure cautelari nei confronti di tre cittadini bengalesi.

Per uno di loro è stata prevista la custodia cautelare in carcere, mentre per gli altri due è stato applicato l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.

I tre uomini sono accusati, assieme ad altri tre complici, del sequestro di persona ai danni di un connazionale, avvenuto nel quartiere Torpignattara il 30 ottobre del 2022 e denunciato il giorno stesso dalla compagna della vittima al commissariato Viminale.

A seguito di quella denuncia, la Squadra Mobile della Questura de L’Aquila aveva immediatamente arrestato altri tre cittadini bengalesi, rintracciati con la persona fatta rapire in un hotel di Carsoli, in provincia de L’Aquila. I tre sono attualmente sottoposti alla misura dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.

Nel mese di novembre 2022, la vittima del sequestro si era presentata spontaneamente presso la Stazione dei Carabinieri di Roma Torpignattara, per aggiungere ulteriori dettagli inerenti le circostanze del rapimento.

L’uomo dichiarava che, durante le fasi del sequestro, aveva ascoltato le conversazioni telefoniche intercorse tra i sequestratori e un altro connazionale, ritenuto elemento di spicco della comunità bengalese romana; quest’ultimo avrebbe fornito le indicazioni sulle modalità logistiche e operative di conduzione del sequestro.

Il movente

Il denunciante aggiungeva, inoltre, che il movente del delitto era da ricondursi ad un debito di circa 100.000 euro, da lui maturato sia per l’ottenimento del rilascio del permesso di soggiorno in favore di due suoi conoscenti, attraverso la mediazione di uno degli odierni indagati, sia per un prestito di denaro.

Le indagini, condotte congiuntamente dai Carabinieri della  Stazione di Roma Torpignattara, del Nucleo Operativo della Compagnia di Roma Casilina e dagli agenti della Polizia di Stato del Commissariato Viminale, coordinate dalla D.D.A. di Roma, hanno consentito di raccogliere gravi indizi di colpevolezza a carico dell’uomo arrestato, in ordine al ruolo che avrebbe lo stesso rivestito nella vicenda; nello specifico, la vittima era già stata, in due diverse occasioni, sequestrata e trattenuta contro la sua volontà, per ottenere il pagamento del debito.

Rapimento e pestaggio

Dalle indagini congiunte di Polizia e Carabinieri sono emerse, inoltre, le modalità attraverso le quali sono stati commessi i reati; è stata ricostruita  la particolare violenza dei sequestratori che, ad esempio, dopo aver trascinato la vittima fuori da un ristorante in pieno giorno e averla costretta a salire su un’auto, l’hanno percossa con pugni sul volto e sul corpo, coprendole poi gli occhi con una benda e la bocca con un pezzo di stoffa per non far sentire le sue urla, che avrebbero attirato attenzione.