A 87 anni entra nella casa rifugio dopo essere stata picchiata dal marito con un bastone: i dati del centro anti violenza La Sibilla
L’ultima donna soccorsa è arrivata sostenendosi col bastone, massacrata di botte col bastone dal marito. Ottantasette anni lei, altrettanti lui. Ora è al sicuro in una casa rifugio per donne vittime di abusi, battezzata come la nonna del centro.
Non ci sono limiti di età per le donne che si rivolgono al centro antiviolenza “La Sibilla” attivo a Tivoli da 15 anni. Pamela Amoroso, responsabile del centro, ne parla nella mostra dibattito “Voce di donne” organizzata dal liceo artistico Elio Publio Adriano. La notte scorsa intanto, a Roma, è stato registrato un altro femminicidio.
“L’ultima signora che ha bussato da noi, proprio l’altro ieri, ha 87 anni – spiega – Dopo l’omicidio di Giulia Cecchettin abbiamo registrato una polarizzazione degli accessi. Al mattino accogliamo donne ultraottantenni e il pomeriggio giovani, tra i 15 e i 16. Le prime stanche di una vita di violenze, le altre per lo più stalkerizzate. Una studentessa ha ricevuto davanti a me, al nostro primo colloquio, cento chiamate da lui. Le ho segnate una ad una”.
Ma quando scatta la violenza per esempio nella coppia? “Capita spesso di litigare – chiarisce Amoroso – Ma il litigio è litigio se è alla pari. Quando uno dei due, e spesso è la donna, ha paura già siamo nella violenza. Lo spartiacque è proprio la paura”.
“Le donne di 70 e 80 anni sono figlie della loro cultura – aggiunge – Portate all’altare anche a 16 anni, con matrimoni riparatori o accordati, sono state abituate a fare le mogli e a subire. Arrivano da noi esauste e perseguitate da un senso di colpa estremo. Ma arrivano e noi le aiutiamo”.
“Entrare in un centro anti violenza non significa automaticamente denunciare, significa che si è arrivati a un minimo di consapevolezza di aver bisogno di aiuto – chiarisce – Non è facile discernere questo perché agli episodi di botte, violenze e umiliazioni si alternano quelli dei bei ricordi. Bisogna sempre tenere a mente che il femminicida non arriva con un cartello “sono un potenziale assassino”. Corteggia la sua donna, la fa sentire unica, la protegge e poi magari col tempo cerca di isolarla, la umilia, la picchia. Nella violenza si piomba così”.
Nel centro antiviolenza vengono accolte donne di tutte l’età dalle 9 alle 16 con reperibilità h24. “Non arriviamo con la sirene, spieghiamo a chi ci interpella cosa sta succedendo e in base alla valutazione del rischio indichiamo alla donna cosa si può fare. E’ il primo passo”, aggiunge ancora Pamela Amoroso.
A dire no alla violenza sulla donna anche gli studenti e le studentesse del liceo Adriano.
A novembre hanno organizzato un flash mob ricordando le vittime di femminicidio, poi la mostra dibattito aperta a esperte e alle istituzioni e fino a giovedì 21 marzo esporranno le loro opere che sprizzano femminilità – ma rosse come il sangue e nere come i lutti – nell’antica biblioteca comunale di Tivoli.
La loro originalità è già stata premiata: la presidente di Rete Rosa Nadia Palozzo ha annunciato, proprio in occasione della mostra dibattito, che intende portare l’esposizione alla Casa internazionale della donna.