Le pietre d'inciampo dedicate a un brigadiere e due agenti vittime del nazifascismo
Tre pietre d’inciampo all’ingresso della Questura di Roma in ricordo dei poliziotti vittime del nazifascismo. Si è svolta questa mattina la cerimonia solenne in memoria del brigadiere Pietro Ermelindo Lungaro e degli agenti Emilio Scaglia e Giovanni Lupi.
Il primo venne fucilato dai nazisti alle Fosse Ardeatine, gli altri due furono uccisi a Forte Bravetta il 3 giugno del 1944 da un un plotone della Polizia dell’Africa Italiana (Pai).
A posizionare la pietra d’inciampo di Pietro Ermelindo Lungaro è stato il figlio: “Mio padre faceva attività partigiana continuamente e rischiando e quando mia madre gli diceva ‘come facciamo?, lui rispondeva ‘non ti preoccupare i nostri figli sapranno crescere”.
Alla cerimonia, oltre ai familiari delle vittime, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, il sindaco Roberto Gualtieri, il capo della polizia Vittorio Pisani, il prefetto Lamberto Giannini e il questore della Capitale Carmine Belfiore; il vicario generale di papa Francesco per la Diocesi di Roma, Angelo De Donatis e l’ambasciatore di Israele in Italia, Alon Bar,
“Attraverso queste iniziative ribadiamo che nulla deve cadere nell’oblio, scolpendo il nome e il cognome di chi, purtroppo, è stato trucidato – ha detto il questore – La pietra di inciampo è qualcosa che ci deve spingere ad andare oltre. Ogni mattina quando varcheremo l’ingresso ci ricorderemo che questa è la loro casa di lavoro. È un monito a non dimenticare e ad approfondire un periodo buio che oggi deve servire come base per una nuova civiltà e democrazia”.
“L’Italia ha pagato un prezzo altissimo per la follia nazifascista – ha detto il ministro Piantedosi – Solo a Roma nel sabato nero dell’ottobre del 1943 le SS strapparono alla Capitale 1024 suoi figli e solo in 16 tornarono”.
“Gli anni trascorsi da quei tragici eventi non attenuano il senso di sconforto e di pena sconfinata per le vittime innocenti – prosegue Piantedosi – Per questo il ricordo non può essere solo un esercizio retorico deve essere un pungolo che spinga l’intera società a interrogarsi su se stessa, sui suoi valori e sulle sue prospettive”.