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Roma, scoperta al Gemelli: cellule staminali del cordone ombelicale per salvare la vista

Il brevetto dello studio del Gemelli depositato negli Usa: è il primo al mondo

Lanciata dal policlinico Gemelli di Roma una nuova tecnica per salvare la vista di chi è affetto da degenerazione maculare, una patologia degli occhi che colpisce gli ultra cinquantenni nella porzione centrale della retina pregiudicando la visione centrale e che può portare alla cecità. La nuova tecnica ideata dai ricercatori del policlinico romano si serve delle cellule staminali del cordonale ombelicale. 

Il brevetto dello studio del Gemelli depositato negli Usa: è il primo al mondo

Le iniezioni sotto-retiniche di un prodotto derivato dal sangue di cordone ombelicale si sono dimostrate – come fa sapere la fondazione del Gemelli – in grado di rallentare l’evoluzione della patologia, finora senza cura e che può portare alla perdita della vista. Una scoperta cruciale.

In Italia ne soffre qualche milione di persone sopra i 50 anni

La degenerazione maculare ‘atrofica’ (secca o dell’anziano), è una delle patologie oculari più frequenti nel mondo negli over 50 e può portare a perdita completa della vista nella parte centrale del campo visivo.

Interessa in vari stadi di gravità qualche milione di italiani, mentre le stime per il 2050 prevedono che saranno affetti da questa patologia 280 milioni di persone nel mondo. La forma ‘secca’ rappresenta il 90% di tutte le maculopatie degenerative senili e ad oggi non dispone di un trattamento autorizzato in Europa.

Si sfruttano le capacità rigenerative del cordone

A fronte della diffusione di questa patologia così invalidante insomma, c’è un grave unmet need relativo al suo trattamento. Al Gemelli si sta dunque tentando una strada innovativa, descritta in una recentissima pubblicazione suOpthalmology Science, che sfrutta le capacità rigenerative del sangue da cordone ombelicale.

La degenerazione atrofica è una patologia molto comune ed invalidante negli anziani, per la quale ad oggi in Europa non esiste alcun trattamento” spiega il professor Stanislao Rizzo, Direttore della UOC di Oculistica di Fondazione Policlinico Gemelli e professore ordinario di Oculistica presso l’Università Cattolica.

“Abbiamo dunque avuto l’idea di utilizzare un derivato del sangue di cordone ombelicale, il plasma ricco di piastrine (PRP). Siamo i primi al mondo ad aver fatto questa esperienza e quello appena pubblicato è il nostro studio di fase 1.”

In questa prima fase della nostra ricerca – spiega la dottoressa Maria Cristina Savastano, sempre dell’unità Oculistica – abbiamo valutato innanzitutto la safety della procedura, consistente nell’iniezione in sede sotto-retinica di PRP da sangue ombelicale.

Si tratta di una procedura non semplice, da affidare a mani esperte (al Gemelli è stata effettuata dal dottor Alfonso Savastano e dal professor Rizzo), che non può essere ripetuta troppo di frequente. Per cui, abbiamo subito disegnato un protocollo parallelo di somministrazione intra-vitreale, molto più facile da eseguire e più sicura, che è in corso già da un anno”.

La lavorazione del plasma

Il prodotto utilizzato in questo studiospiega la professoressa Luciana Teofili, Direttore UOC Emotrasfusione del Policlinico Gemelli e Associato di Malattie del sangue all’Università Cattolica – è plasma arricchito di fattori di crescita e mediatori solubili contenuti all’interno delle piastrine. Utilizziamo le unità donate alla Banca del Cordone Ombelicale (della quale è responsabile la dottoressa Maria Bianchi), che non possono essere congelate per scopo trapiantologico.

La procedura

Dopo aver separato il concentrato, le piastrine vengono concentrate e sottoposte ad uno shock termico (ripetuti processi di congelamento e scongelamento), che le porta a rilasciare nel plasma una serie di preziosi fattori di crescita, che si vanno ad aggiungere a quelli già presenti nel plasma fetale. Per limitare la variabilità di questi prodotti vengono allestiti pool di varie unità e viene più volte testata la loro sterilità attraverso test di coltura per batteri e funghi”.

L’impiego di PRP da sangue adulto trova da tempo applicazione nel trattamento delle ulcere diabetiche, dei processi degenerativi ortopedici, in chirurgia estetica, in dermatologia, ecc. L’uso del PRP cordonale in ambito oculistico è invece molto meno diffuso.

L’invito a donare il cordone

Visto l’estendersi dei campi di utilizzo di sangue cordonale, l’invito è quello di donare sempre il cordone al momento del parto, è l’appello del Gemelli.

“La somministrazione di questo emocomponente – sostiene il professor Rizzo – andrà verosimilmente ripetuta a cadenza mensile, ogni due mesi o ogni tre mesi perché dallo studio appena concluso abbiamo evidenziato che l’arresto dell’estensione dell’atrofia si ottiene solo per 1-3 mesi, dopo la somministrazione dell’emoderivato”.

Certo, se gli studi in corso (quelli con la somministrazione intra-vitreale) ne dimostrassero una buona efficacia, questo potrebbe essere l’uovo di Colombo per i pazienti, peraltro low cost.

Depositato in Usa il brevetto

“Abbiamo depositato negli Usa il brevetto dell’utilizzo intra-oculare di pool di PRP da sangue di cordone ombelicale – prosegue il professor Rizzo –  a ulteriore conferma che siamo stati i primi ad avere l’idea di un preparato di questo tipo (il ‘pool’ e la via di somministrazione)”.

Ma cosa si può fare oggi per l’atrofia maculare secc?. Per il trattamento di questa condizione, negli Usa sono stati da poco approvati due farmaci, appartenenti alla categoria degli inibitori della cascata del complemento.

Il trattamento, intraoculare, viene effettuato a cadenza mensile o bimensile per un tempo indefinito; negli USA una fiala costa circa 3 mila dollari. A questi farmaci tuttavia l’EMA non ha dato ancora l’ok.

I trial registrativi infatti hanno dimostrato un rallentamento della patologia (e non un miglioramento, né tanto meno una guarigione) solo nel 30% della popolazione trattata.

L’anno scorso gli Usa hanno puntato su un’altra tecnica, eseguendo un primo intervento. La procedura prevede di curare l’occhio attraverso l’applicazione di un lembo di tessuto ricavato dalle cellule del sangue estratte dal paziente e fatte evolvere in cellule retiniche.