Il tumore avrebbe impedito di respirare. In campo 13 équipe coordinate dal Bambino Gesù
Un enorme tumore alla gola – grande come la sua testolina – gli avrebbe impedito, alla nascita, di respirare. E allora i massimi esperti del Bambino Gesù hanno pianificato un intervento di salvataggio senza precedenti in Italia che ha coinvolto 13 reparti.
E’ così che a Roma la vita di un feto di 37 settimane è stata salvata al momento del parto da una operazione unica nel suo genere e avviata mentre il neonato era ancora connesso alla placenta.
Pochi i minuti a disposizione dei chirurghi per estrarlo dalla pancia della mamma e collegarlo alla macchina cuore-polmone, prima di recidere il cordone ombelicale e completare il parto cesareo. E’ il primo step del “miracolo”.
La procedura salvavita, denominata Exit-to-Ecmo, è stata eseguita all’ospedale San Pietro Fatebenefratelli da una équipe multidisciplinare coordinata dagli specialisti dell’ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, dove tre giorni dopo è stata anche rimossa la massa tumorale.
A distanza di 4 mesi, il bambino sta bene ed è tornato a casa, dalla famiglia.
Il bimbo nato con la procedura EXIT-to-ECMO aveva sviluppato una massa tumorale benigna ma a crescita ‘tumultuosa’, molto compatta e voluminosa.
Il tumore, localizzato sul collo, dal mento alla spalla, era grande quanto la testa del piccolo paziente e aveva ormai inglobato i vasi arteriosi (carotide) e la via respiratoria (trachea).
La massa avrebbe impedito al bambino di respirare da solo al momento della nascita e impedito anche ai medici di procedere con l’intubazione o con la tracheotomia (apertura chirurgica della trachea) per consentire la respirazione, procedure estreme ma “standard” in circostanze simili.
Durante la gestazione, la mamma è stata assistita dagli specialisti del Bambino Gesù che hanno seguito l’evoluzione del tumore nel feto e pianificato nel dettaglio il momento del parto preparandosi a tutte le evenienze.
La complessità del caso del piccolo paziente ha portato le équipe mediche ad attivare – primo caso noto in Italia – la procedura EXIT-to-ECMO (EXIT finalizzata all’ECMO) che ha permesso al neonato non solo di sopravvivere ma anche di preservare la normale funzione del cervello, messa a rischio dall’impossibilità di respirare.
Il parto in EXIT (EX-utero Intrapartum Therapy) consiste nell’estrarre parzialmente il feto dalla pancia della mamma, tramite taglio cesareo, mantenendolo connesso a cordone ombelicale e placenta che continuano, così, ad assicurare la circolazione e l’ossigenazione del sangue del bambino.
Questa procedura concede ai chirurghi un breve intervallo di tempo (circa 40-50 minuti), prima di dover completare il parto con il clampaggio del cordone ombelicale, durante il quale si possono eseguire manovre come l’intubazione o la tracheotomia per supportare la funzione respiratoria del bambino.
Nel caso specifico, considerati volume e consistenza del tumore che impedivano il rapido accesso alle vie aeree con le tecniche ‘convenzionali’, l’unica possibilità per il piccolo era la circolazione extracorporea (ECMO – Extra Corporeal Membrane Oxigenation).
Il posizionamento della macchina cuore-polmone che sostituisce, dall’esterno, la funzione respiratoria e cardiaca, è una manovra chirurgica molto delicata e complessa, ancor più in contesti di emergenza: in tempi brevissimi, prevede l’apertura del torace del bambino (in questo caso ‘in EXIT’, ovvero non del tutto nato) e l’inserimento all’interno dei grossi vasi sanguigni vicino al cuore di due cannule collegate al macchinario.
Dopo aver avviato la circolazione extracorporea, il parto cesareo è stato portato a termine.
A poche ore dalla nascita – sempre con il supporto dell’ECMO – il bimbo è stato trasferito al Bambino Gesù per la preparazione all’intervento di rimozione del tumore.
L’operazione, durata circa 7 ore, è stata eseguita 3 giorni dopo il parto da un’équipe multidisciplinare composta da chirurghi neonatali, anestesisti, cardiochirurghi, perfusionisti, neurofisiologi, otorinolaringoiatri e infermieri del Bambino Gesù.
Nelle settimane successive il piccolo è stato assistito in ospedale per il recupero post intervento e per le cure oncologiche.
Dopo 4 mesi di ricovero, è tornato finalmente a casa per trascorrere il suo primo Natale con la famiglia.
Il parto cesareo EXIT-to-ECMO è stato portato a termine con successo presso il Dipartimento Materno-Infantile dell’Ospedale San Pietro Fatebenefratelli di Roma grazie al lavoro di diverse équipe coordinate dai responsabili dell’Area delle Scienze Fetali-Neonatali e Cardiologiche dell’Ospedale Pediatrico della Santa Sede (Pietro Bagolan per l’Area di Ricerca e Lorenzo Galletti per l’Area Clinica).
Al caso del piccolo paziente, per il Bambino Gesù hanno collaborato gli specialisti di 11 unità: Unità Operative di Medicina e Chirurgia Fetale e Perinatale; Cardiochirurgia, Chirurgia Neonatale, Terapia Intensiva Neonatale; Otorinolaringoiatria; ECMO; Neurorianimazione Pediatrica; Anestesia e Rianimazione; Oncoematologia, Trapianto Emopoietico e Terapie Cellulari e Anatomia Patologica.
Per l’ospedale San Pietro Fatebenefratelli, le Unità Operative di Ostetricia e Ginecologia e Terapia Intensiva Neonatale.
In particolare, la procedura EXIT è stata eseguita da Marco Bonito, direttore del Dipartimento Materno-Infantile del San Pietro Fatebenefratelli e da Leonardo Caforio, responsabile di Medicina e Chirurgia Fetale e Perinatale del Bambino Gesù.
Il posizionamento in ECMO del bimbo è stato condotto dai cardiochirurghi Sonia Albanese e Gianluigi Perri, mentre l’intervento chirurgico di rimozione della massa tumorale è stata guidata da Andrea Conforti, responsabile della Chirurgia Neonatale del Bambino Gesù.
NOTIZIA IN AGGIORNAMENTO