Concessioni balneari, Ostia non è Amalfi: per il Tar Lazio i conti dei canoni sono da rifare

Criteri di calcolo sbagliati mettono in condizione i titolari delle concessioni balneari di far causa all’amministrazione per riavere il dovuto

Ostia come Amalfi. Promossa cioè in classe A a causa di calcoli sbagliati effettuati per determinare i canoni delle concessioni balneari sino a quando il X Municipio ha dovuto restituire le deleghe sulla gestione del demanio Marittimo al Comune di Roma Capitale.

Criteri di calcolo sbagliati mettono in condizione i titolari delle concessioni balneari di far causa all’amministrazione per riavere il dovuto

A prescindere da qualsiasi valutazione sul gettito relativamente scarno che lo Stato e le Regioni incassano dai concessionari di stabilimenti balneari, ristoranti e attività connesse allo sfruttamento economico dei litorali un dato, per quel che concerne la situazione delle circa 70 concessioni presenti lungo diciotto chilometri di litorale romano, emerge con chiarezza.

Tutti i canoni pagati dai vari concessionari a partire dal 2016 sono errati e, una volta che i conti saranno stati fatti in maniera corretta c’è il rischio che le istituzioni debbano restituire decine di milioni di euro a chi ha versato di più. E’ quanto emerge da un’analisi effettuata da LabUr, laboratorio di urbanistica, che punta l’indice contro quella che definisce una vera e propria “truffa bis” ai danni degli operatori balneari.

Non è in discussione il fatto se siano pochi o tanti i circa 110 milioni di euro di gettito che lo Stato incassa ogni anno dalle concessioni turistiche di tutta la penisola -sottolinea Andrea Schiavone di LaBur- ma le modalità errate con cui il X Municipio ha effettuato i conti attribuendo un punteggio complessivo di 64,50 alla valenza turistica del litorale romano che ne ha determinato la collocazione in classe A dove, per esempio, compare anche Amalfi e imponendo il pagamento di un canone molto più alto delle località che si trovano in fascia B”.

A favore dei titolari delle concessioni presenti sul Lido di Ostia  si è espresso il Tribunale Amministrativo del Lazio con una nuova sentenza dalla quinta sezione Ter del Tribunale Amministrativo del Lazio che, con la sentenza numero 01255/2024 pubblicata il 23 gennaio scorso ha accolto il ricorso di  19 stabilimenti del Lido contro i Comune di Roma Capitale per ottenere l’annullamento della delibera numero 33 del 2022 con cui il Campidoglio recepiva i conteggi fatti dagli uffici del municipio. Conteggi sovrastimati e quindi forieri di un incremento non dovuto dei canoni pagati incassati dallo Stato cui si aggiunge un’ulteriore quota del 15 per cento da versare alle regioni.

Secondo il Tar del Lazio -precisa Schiavone- il X Municipio avrebbe, tra l’altro, sopravvalutato la capacità ricettiva del territorio lidense negando, inoltre, la presenza di zone non balneabili in alcuni punti della costa e lo stesso stato di erosione delle coste”.

Ostia inserita in tabella di fascia A nonostante il fenomeno di erosione della linea di costa

Erosione ampiamente sottovalutata anche rispetto alle conclusioni prese come base di riferimento per i conteggi da un rapporto di Legambiente che, in linea con quanto sostenuto dalla Regione Lazio, ha ritenuto di “grave e non media” importanza il fenomeno di progressiva riduzione della linea di costa con una perdita di superficie passata da circa 50mila a 120mila metri quadrati tra il 1990 e il 2015, a dispetto dei numerosi interventi effettuati sia con tecniche di ripascimento morbido, sia con la costruzione di barriere soffolte per cercare di arginare l’avanzamento del mare.

Per dirla con le celebri parole del campione di ciclismo toscano Gino Bartali “gli è tutto sbagliato, gli è tutto da rifare” .E sarebbe una simpatica battuta se non fosse per il fatto che sul Comune di Roma Capitale che nei mesi scorsi ha fatto proprie le competenze in materia di spiagge (leggi qui) pende anche la spada di Damocle di possibili condanne per danno erariale da parte della Corte dei Conti. Se i parametri di calcolo fissati dal ministero delle Infrastrutture nelle tabelle per il conteggio degli importi dovuti sono stati eseguiti in modo erroneo l’amministrazione capitolina e, in primis, i cittadini romani che finanziano le sue casse del con le proprie tasse dovranno restituire quanto indebitamente pagato.

Nel caso in cui oltre alla colpa nell’esercizio delle funzioni delegate si aggiungesse anche il dolo -rileva l’esponente di LaBur- si potrebbe profilare anche il reato di appropriazione indebita perché chi è in fascia A paga, tra l’altro, il doppio di chi invece è posizionato nella classe inferiore”.

La catena degli errori ha radici lontane in un altalena di promozioni e retrocessioni che ha visto Ostia rimbalzare come una pallina da ping pong tra le due categorie come quando la Commissione prefettizia nominata dopo lo scioglimento del X Municipio per infiltrazioni nel 2015 fornì alla Regione calcoli che proiettavano il Lido in fascia A salvo poi riportarla in zona B dopo l’esplosione della pandemia da coronavirus che aveva messo in ginocchio il turismo a livello mondiale.

La mancanza di un sistema di calcolo corretto dei canoni inficia anche i futuri bandi pubblici per il rinnovo delle concessioni scadute

 “Il problema -aggiunge Andrea Schiavone- nasce dal fatto che in base alla gerarchia delle competenze le Regioni hanno demandato ai comuni costieri l’aggiornamento delle tabelle ministeriali e gli uffici dell’amministrazione locale hanno fornito valutazioni che non corrispondono minimamente al valore turistico effettivo di tutte le attività commerciali che pagano i canoni. E questo rappresenta un grande problema soprattutto in questo periodo nel quale si sta parlando della necessità che le concessioni scadute, così come richiesto dalla normativa comunitaria e dalla cosiddetta direttiva Bolkenstein, dovranno essere riassegnate mediante la pubblicazione di appositi bandi di gara. Ma su che base un eventuale concorrente può decidere di prendere parte alla gara se non sa se quanto dovrà pagare è il giusto, anche in relazione al rischio di impresa di cui dovrà sobbarcarsi? E soprattutto se i criteri di calcolo non saranno corretti l’amministrazione rischia di essere sommersa da una valanga di ricorsi e di richieste di risarcimento. Non è certo colpa dei balneari se lo Stato non riesce a farsi pagare subito quanto dovuto”.

Per ora a queste domande non ci sono risposte anche perché le strutture di dipartimento del Comune di Roma Capitale da dedicare a questo scopo, dopo l’avocazione delle deleghe in materia di gestione delle spiagge esistono, per il momento, solo sulla carta.

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