“Gridavano ‘uccidiamoli, famoje male’”. Le testimonianze choc contro il “figliastro” di Giuliano Castellino

In aula la ricostruzione di un pestaggio a Roma Centro. Gridavano "Uccidiamoli". Tra gli imputati Fabio Corradetti, figliastro di Castellino

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Ferito a bottiglie

Al grido “uccidiamoli, famoje male” sarebbero stati sei, sette, forse dieci. Ma nel processo che si è appena aperto a piazzale Clodio per un feroce pestaggio senza motivo nel centro di Roma sono finiti solo in tre, tra cui Fabio Corradetti, 22 anni, figliastro di Giuliano Castellino, l’arci noto ex leader di Forza Nuova.

In aula la ricostruzione di un pestaggio a Roma Centro. Gridavano “Uccidiamoli”. Tra gli imputati Fabio Corradetti, figliastro di Castellino

L’udienza è di ieri, 15 dicembre, a piazzale Clodio. La procura convoca un paio di ispettori di polizia e 4 testimoni, anzi 4 vittime.

Sono loro a ricostruire cosa è successo in Piazza del Fico, il 21 agosto 2021, e a puntare il dito contro gli imputati: c’è Fabio Corradetti, di recente condannato a 6 anni per l’assalto alla Cgil dell’ottobre 2021 e figlio della compagna di Castellino; Federico Arciulo, entrambi accusati di lesioni aggravate e Lorenzo Bernabei, ultrà laziale e ritenuto militante in formazioni di estrema destra nella zona di Prati, che risponde di tentato omicidio.

Una aggressione finita in due righe della cronaca come un caso di mala movida prende tutt’altra forma raccontata dalle vittime.

Non li avevamo mai visti. Anzi non li abbiamo mai visti. Eravamo un gruppetto di amici in pizza del Fico. Notte fonda. Stavamo tranquilli, per conto nostro,. Sentiamo dire “Io piscio dove c…mi pare”. Ed partita la carica. Lanciavano bottiglie”.

Il volto di una delle vittime diventa una maschera di sangue.

Erano bestie, volevano ucciderci”, ricorda uno dei testimoni in aula. “Siamo scappati più volte. Ma per ben due volte ci siamo accorti che uno di noi era rimasto indietro. Delle bestie… Si davano la carica urlando “Uccidiamoli, famoje male”.

Il racconto

“Non potevamo nemmeno difenderci. O eravamo pronti a uccidere o dovevamo scappare. Volavano bottiglie, cinghiate. E’ stato un trauma“.

Il racconto delle vittime è agghiacciante. “Io sono rimasto sotto choc – racconta un 25enne – Erano sei sette, forse dieci. Più piccoli di noi. Mai visti prima. Ci hanno aggredito, senza nessun motivo. Siamo scappati. Un mio amico era una maschera di sangue in faccia. L’ho tranquillizzato: “Non hai niente di grave”. Che potevo dirgli?”.

“Poi – aggiunge – si sono intromessi dei buttafuori per fermarli. Hanno cominciato a menare pure loro. Siamo scappati di nuovo e ancora una volta siamo dovuti tornare indietro perché qualcuno ferito era rimasto indietro. Sapevamo che avremmo rischiato anche di morire, ma siamo tornati indietro”. Uno dei ragazzi veniva preso a cinghiate, un altro accoltellato.

Dai fotogrammi non emergerebbe con certezza la partecipazione dei tre giovani a processo”, è la linea dei difensori.

L’identificazione

Un ispettore di polizia, ascoltato a lungo, dà la sua spiegazione. “Dai fotogrammi forse no. Ma l’individuazione è stata fatta dai colleghi attraverso un video. Va visto in velocità”. La presidente del collegio della V sezione penale appunta il particolare.

L’aggressione è stata ricostruita, restano da stabilire le presunte singole responsabilità.

Canaledieci.it ricorda che gli imputati non possono essere considerati colpevoli, se non di fronte a una condanna definitiva in Cassazione. In questa fase del procedimento vige la presunzione di innocenza.