La distruzione progressiva degli stabilimenti situati nella zona sud del litorale desta forti preoccupazioni per l’arrivo di nuove ondate di maltempo
Decine di cabine divelte e distrutte dalle onde anche senza la spinta di quei venti di burrasca che trasformano Ostia e il suo litorale in uno scenario di guerra quando è tempo di mareggiata. Questa volta lo storico stabilimento Kursaal situato sul lungomare Lutazio Catulo, a due passi dalla rotonda di via Cristoforo Colombo, è finito sott’acqua flagellato dall’avanzata inesorabile di onde non particolarmente alte.
Qualcuno la chiama “erosione anomala”, ma gli effetti sono sempre gli stessi. Con le strutture in cemento che cadono una ad una come se si trattasse di birilli, mentre l’opera di distruzione del mare continua a scavare le basi d’appoggio delle cabine provocandone il crollo e portando alla luce le tubature in plastica di distribuzione della rete idrica. Una situazione che, per la famosa struttura resa riconoscibile dal grande trampolino che ne sovrasta la piscina, potrebbe subire ulteriori pesanti danni nelle more del rinnovo della concessione balneare che scadrà alla fine di quest’anno.
E la situazione non cambia neppure nelle altre strutture balneari limitrofe al Kursaal dove l’acqua ha continuato ad avanzare mangiandosi almeno una decina di metri di arenile e riducendo le spiagge dello Schilling, in piazzale Cristoforo Colombo, dell’Hibiscus, sul lungomare Lutazio Catulo 14b, dello Sporting beach sul Lungomare Amerigo Vespucci 6 sino al V Lounge che si trova sulla stessa strada litoranea al civico 62 e dove il bar costruito su una palafitta è ormai separato dalla spiaggia retrostante.
Se questo è il quadro desolante che si presenta agli occhi di chi osserva, nei titolari degli stabilimenti cresce il senso di frustrazione nei confronti delle amministrazioni che avrebbero dovuto provvedere alla messa in sicurezza delle spiagge ma ancora di più quello di preoccupazione per quanto potrebbe accadere quando il vento tornerà a spingere le correnti e le onde marine in modo violento verso terra.
E qui tornano in ballo i lavori promessi, ma non ancora iniziati, per le opere di difesa costiera soprattutto sul lido di Levante che è quello che versa nelle peggiori condizioni anche se la situazione degli arenili situati tra la zona centrale di Ostia e quelli di ponente non sono da meno e restano in attesa di interventi già programmati di risagomatura delle scogliere a ridosso della spiaggia libera situata in prossimità del curvone e di ripascimento costruttivo sulla scogliera sommersa a pennello nel settore compreso tra il pontile di piazza Anco Marzio e il canale dei Pescatori.
Mentre si attende che la prossima mareggiata si trasformi in un’arma letale per le spiagge e le pertinenze degli stabilimenti che si affacciano sulle acque sempre più vicine del Tirreno tornano alla memoria le polemiche mai sopite sulle soluzioni più adatte a garantire la protezione delle varie zone del litorale (leggi qui).
Ad avere le idee chiare su come si dovrebbe procedere in virtù di un’esperienza ultra quarantennale maturata in materia di difesa costiera è Franco Petrini, titolare dello stabilimento Pineta-Nuova Pinetina che, grazie a una barriera soffolta situata proprio di fronte al suo impianto balneare, gode di una fascia di rispetto ampia una cinquantina di metri che da anni non si sposta di un centimetro. Ai lati le immagini desolanti di almeno cinque stabilimenti balneari che “si sarebbero potuti salvare se fossero state adottate le stesse contromisure di cui ho beneficiato io -sottolinea Petrini- per il resto di fronte a questo scempio non ci sono parole, anche perché ogni anno a causa del mancato apporto di sabbia del Tevere e dell’azione esercitata dal canale dei Pescatori spariscono almeno dieci metri di spiaggia. Mi tornano in mente le scene che ho vissuto di persona negli anni ’80 quando, prima dei lavori, alla Vecchia Pineta raccoglievamo pezzi di cabine sparsi da tutte le parti. L’unico sistema utile a mio giudizio per uscire da questa situazione, al netto del cambiamento climatico e del paventato innalzamento del livello dei mari, è la costruzione di scogliere situate a 300/400 metri dalla riva con rompi-tratti rappresentati da pennelli perpendicolari alla riva che consentono di imbrigliare gli arenili, il resto sono solo pannicelli caldi”.
Petrini fa riferimento agli interventi di ripascimento morbido effettuati nel corso del tempo come quello eseguito per ultimo in ordine cronologico alla vigilia della scorsa estate quando, da aprile ai primi di maggio, sono stati pompati circa 20mila metri cubi di sabbia partendo dallo stabilimento Venezia, situato sul Lungomare Amerigo Vespucci, e andando verso nord.
“Bisogna avere la fortuna di avere mare calmo per qualche settimana -puntualizza Petrini- perché poi basta un po’ di mare e sparisce tutto. Non viviamo in un Paese dotato di processi decisionali rapidi. Il ripascimento morbido è la migliore delle soluzioni possibili, ma dovrebbe essere ripetuto costantemente. La soluzione più adatta come dimostrano i casi del Tibidabo, del Belsito, del Capanno del Mare Chiaro che erano strutture finite, sono le barriere situate a circa 300/400 metri dalla riva. C’è anche uno studio elaborato dal professor Leopoldo Franco che risale a una quindicina di anni fa e che, grazie alla costruzione di 9 strutture sommerse ogni 450metri e dotate di pennelli perpendicolari alla spiaggia lunghi 90 metri con una T finale per creare una gabbia capace di trattenere la rena, potrebbe garantire la soluzione finale del problema almeno sino allo stabilimento Marinella lungo la Litoranea. Poi, certo -conclude Petrini- all’altezza di Capocotta e della tenuta del presidente della Repubblica si potrebbe intervenire periodicamente con sversamenti di sabbia per tutelare l’equilibrio delle dune della macchia mediterranea. Non si deve pensare al singolo concessionario bisogna pensare al bene di Ostia e del suo Litorale che sono un patrimonio della collettività al servizio del turismo”.
Per restare in tema si tratta di progetti destinati a restare in alto mare, mentre proprio il mare, che non ha certo problemi di tempo, continua a divorare interi tratti di costa mare. E intanto il bollettino di guerra si allunga dopo le mareggiate del 6 novembre scorso che distrussero tra le 80 e le 90 cabine allo Sporting, al Kursaal, allo Shilling e al Venezia ma dove qualcuno ha puntato l’indice proprio contro i pennelli realizzati due anni fa e che avrebbero causato un’erosione sottoflutto in precedenza non percepibile (leggi qui).
Le cose non vanno meglio anche in altre località del litorale laziale, per esempio a Fregene, duramente colpita all’inizio di questo mese nel tratto di spiaggia incluso tra il centro della frazione situata all’interno del comune di Fiumicino e la zona sud (leggi qui).
E come le ordinanze del Campidoglio di divieto di accesso ai parchi per il pericolo del crollo degli alberi a Ostia anche la Capitaneria di Porto di Roma, nel frattempo, ha fatto ricorso all’applicazione di pesanti misure di divieto per tutelare la pubblica incolumità sui tratti di spiaggia degli stabilimenti più esposti al fenomeno di erosione. Le attività balneari interessate dall’ordinanza varata dalla guardia costiera sono Hibiscus, Kursaal, Shilling, Sporting beach, Venezia, V-Lounge beach e la Caletta situati nel tratto di litorale compreso tra il civico 14/b del Lungomare Lutazio Catulo e il civico da 6 a 8 nonché i numeri 62 e 64 sul Lungomare Amerigo Vespucci (leggi qui).
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