Stupirà, ma le controversie familiari si sono recentemente “arricchite” anche di aspri conflitti (tra i genitori) in ordine alla pubblicazione di immagini (foto e video) della prole minorenne.
Partiamo da un presupposto: abbandoniamo l’dea che la diffusione di immagini che raffigurano i “nostri figli” (in particolare nel nostro Paese quelli al di sotto dei 14 anni), sia una scelta del tutto discrezionale del singolo genitore.
Le molte normative e le diverse fonti legali (nazionali e sovranazionali) hanno avvertito l’esigenza di approfondire e disciplinare lo specifico aspetto della tutela all’immagine e della privacy legata al minore di età.
Ne sono seguite interessanti pronunce giudiziali di Tribunali che si sono dovuti via via misurare con la sempre avvertita, crescente esigenza/rivendicazione di tutela dell’immagine del soggetto inconsapevole.
Il principio alla base di una (lecita) divulgazione dell’immagine è quello naturalmente legato al consenso alla divulgazione stessa.
Tanto per iniziare è l’art. 10 cod. civ. che vieta, secondo quanto previsto anche dall’art. 96, l. n. 633/1941, di esporre o pubblicare l’immagine altrui, in assenza del consenso della persona interessata, fatte salve alcune ipotesi tassativamente indicate.
Nulla quaestio nel caso dell’esercizio del diritto da parte dei maggiorenni, o dei così detti “grandi bambini” (ovvero gli ultraquattordicenni), ma cosa accade, invece, se si vuole pubblicare ad esempio una foto “del nostro bambino” in vacanza”?
In questo caso non può certo dirsi che vi sia un consenso validamente espresso.
E allora? E’consentito?
L’ingenua, più frequente risposta che si riceve è:<<E’ mia figlia, e “pubblico”come voglio…>>.
Errato.
E’opportuno invero, che anche il genitore più accorto tenga ben presente che la divulgazione delle immagini del proprio bambino necessita di un accordo con l’altro genitore, laddove anche uno solo dei due non presti detto consenso – ovvero espressamente lo neghi – la divulgazione potrebbe essere considerata illecita, con conseguenze non di poco conto.
La problematica è avvertita con maggior emergenza, come ovvio, nelle coppie che non condividono più una vita familiare, ovvero nelle coppie separate, divorziate o non più conviventi, ove i reciproci consensi sono più difficili da concedersi o presumersi.
In questi casi, più che mai, si dovrà prestare molta attenzione acché il consenso del genitore “non divulgante” sia inequivocabilmente concesso.
Basterà, invero, il ricorso del genitore dissenziente a coinvolgere in gravose vicende giudiziali, con probabili condanne ad inibitorie e risarcimento danni.
Condivisibilmente, la recente giurisprudenza supportata da un’approfondita dottrina a tutto tondo (etico, giuridico e tecnico), ritengono che la pubblicazione di foto e informazioni relative a soggetti minori sui social networks costituisca comportamento potenzialmente pregiudizievole proprio per la capacità della rete di veicolare immagini (peraltro spesso in assenza di contestualizzazione e dunque di più agevole “rielaborazione”) e dati con estrema rapidità, da un numero indeterminato di persone (di cui molte sconosciute).
Questo rende i fanciulli più che “facili prede”.
Lasciamo dunque, che l’esigenza tutta adulta di pubblicare continuamente contenuti sulla propria quotidianità sui social et similia, non travolga e coinvolga anche soggetti che non possono formulare un valido e consapevole consenso: i bambini in primis.
Avv. Vanna Ortenzi
Studio Legale Guerriero-Ortenzi-Bracci
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