E' moria di pesci sulle rive della laguna di Sabaudia, ma non è l'inquinamento ambientale la colpa di quest'ennesima strage
Sul lago di Paola va di nuovo in scena il fenomeno della moria di pesci che muoiono a migliaia e vanno a depositarsi lungo le rive di una zona sottoposta a tutela paesaggistica per il suo elevato valore ambientale. C’è chi punta, scandalizzato, l’indice contro l’inquinamento sempre più spesso chiamato in causa per spiegare i molteplici fenomeni che caratterizzano l’emegenza climatica peraltro in continua espansione a livello mondiale.
Ma nel caso del lago di Paola, a Sabaudia, l’inquinamento non c’entra nulla. All’interno di quelle acque, infatti, non solo non sono presenti scarichi o sbocchi fognari ma non è neppure consentita la navigazione a motore.
Come spesso accade con i misteri della natura la strage di pesci nella cittadina pontina ha una spiegazione “naturale” facilmente ricostruibile. Lo si dedue anche dal tenore dei commenti, spesso scandalizzati, che si leggono sul web a commento di immagini e video in cui sembra effettivamente di assistere a un grande disastro ambientale.
Ebbene la moria di pesci accade tutti gli anni nei mesi più caldi dell’estate. “Ogni anno è sempre la stesa storia -scrive indispettito un utente di Fb- non è inquinamento organico ma la fermentazione delle alghe che proliferano a causa delle temperature eccessive e consumano tutto l’ossigeno disciolto nell’acqua asfissiando così i pesci“.
A riprova di queste constatazioni altri utenti fanno notare che, se la moria dei pesci fosse dovuta a fattori di inquinamento ambientale, “i decessi avverrebbero senza soluzione di continuità anche in altri periodi dell’anno“.
Secondo altri il problema, pur ripetendosi con continuità ogni anno, è aggravato dal rifiuto da parte dei proprietari delle ville che si affacciano, in una lunga barriera di cemento senza alcuno sfogo a mare, proprio dal fatto di essersi sempre opposti all’apertura di foci o canali di sfogo in mare aperto i quali consentirebbero un ricambio e di conseguenza una più efficace ossigenazione delle acque.
Il fenomeno biologico che si ripresenta con regolarità sui fondali del lago di Paola viene accentuato dal fatto che, durante il mese di agosto, i venti provenienti dal mare si affievoliscono creando una sorta di “bolla” suscettibile di isolare le acque da una fonte naturale di arricchimento d’aria.
Poiché la trasformazione delle correnti aeree si risolve in una temperatura superficiale, più elevata, si interrompe il ricambio con l’acqua più fredda, appunto, caratterizzata da maggior densità riscontrata negli strati più profondi della palude.
Non essendoci più miscelazione tra i vari strati l’ossigeno non riesce a diffondersi in quantità sufficienti ad assicurare la sopravvivenza delle numerose specie ittiche presenti nel lago.
Le stesse tentano di guadagnare la superficie per catturare quel poco di ossigeno presente sulle onde, un’affamata ricerca di ossigeno che, al contrario, si trasforma in una trappola mortale perché i pesci, già boccheggianti, vengono uccisi da un caldo per loro insopportabile.