I carabinieri hanno individuato l’autore che nei giorni scorsi aveva inciso il nome di una coppia sui muri dell’Anfiteatro Flavio
Ivan il “terribile vandalo” che aveva inciso il suo nome e quello della sua fidanzata Hayley aggiungendo anche la data dello scempio perpetrato ai danni del Colosseo è stato identificato dai carabinieri del Comando di Roma Piazza Venezia, coordinati dalla Procura della Repubblica.
I fatti, come peraltro si desume dalla scritta vergata sui muri dell’Anfiteatro Flavio, risalgono a venerdì 23 giugno 2023 scorso. Ivan, questo il nome del giovane ripreso mentre danneggiava il millenario monumento, era stato ripreso in un video, postato su Youtube, mentre con una chiave o forse due chiavi diverse tracciava sui mattoni il suo “romantico” messaggio: “Ivan+Hayley 23/6/23”. La vicenda, sulle prime passata in sordina nonostante la presenza di altri turisti testimoni, era sfuggita alla security dell’area archeologica ma prontamente denunciata dall’Ente Parco del Colosseo appena diventata di pubblico dominio attraverso i social.
Da quel momento è scattata la caccia all’autore dello sfregio che ha avuto risonanza internazionale soprattutto dopo la pubblicazione di un articolo di denuncia apparso sul quotidiano statunitense New York Times che aveva riportato anche lo sfogo, affidato a Twitter, del ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano definendo, tra l’altro, il gesto vandalico un atto “gravissimo, indegno e segno di grande inciviltà”.
A seguito degli accertamenti effettuati dai militari dell’Arma, sia attraverso sistemi di indagini tradizionali, sia mediante comparazione fotografica dei profili somatici è stata identificata la persona adesso gravemente indiziata di essere responsabile dell’incisione del proprio nome e quello della sua compagna, al Colosseo. Si tratta, in particolare, di una coppia di giovani residenti in Inghilterra.
Va precisato che le indagini sono ancora in una fase preliminare e che l’indagato deve considerarsi innocente sino a un’eventuale sentenza definitiva di condanna. In quest’ultimo caso il responsabile rischia una pena fino a cinque anni di carcere e una multa fino a 15mila euro sanzioni, va sottolineato che non sono mai state sinora inflitte in Italia per episodi analoghi.
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