Ostia, pista ciclabile “fuorilegge”: fioccano le proteste

Liti continue e insulti su un tratto di pista ciclabile dove gli appassionati delle due ruote si scontrano spesso con i pedoni

Corsie ridotte ai minimi e liti continue tra pedoni e ciclisti per chi deve avere la precedenza su un marciapiede diviso a metà e troppo stretto per far spazio a una pista ciclabile con diritto di esclusiva. Prevale la precedenza delle biciclette e dei mono-pattinatori, oppure quella di chi spesso deve fare lo slalom procedendo a piedi su una sottile striscia d’asfalto facendo bene attenzione a non sconfinare nella ‘zona rossa’ con il rischio di essere travolto? Storie di ordinaria follia segnaletica che vengono da una zona ben precisa di Ostia Lido, il Lungomare Paolo Toscanelli nei pressi del Faber Village, dove le liti per stabilire chi ha diritto di passare per primo e chi deve, pazientemente, attendere il suo turno sono all’ordine del giorno.

Liti continue e insulti su un tratto di pista ciclabile dove gli appassionati delle due ruote si scontrano spesso con i pedoni

Stiamo parlando del tratto di ciclabile di lungomare Paolo Toscanelli, tra via Giuliano da Sangallo e piazza Scipione l’Africano. In realtà, si dovrebbe definire una pista ciclopedonale, con tutte le prescrizioni che comporta per i ciclisti, e vi spieghiamo perché.

La situazione è, a dir poco, kafkiana con i ciclisti che si sentono autorizzati ad andare a tutta velocità e i pedoni che stentano a mantenere l’equilibrio nella costante gimkana tra passeggini e via vai di persone. Gli sconfinamenti nella zona “interdetta” sono inevitabili al pari della sequenza di proteste e contumelie che si scatena al minimo rischio di contatto.

A complicare la situazione e a far scoccare vere e proprie scintille tra pedoni e ciclisti sul Lungomare Paolo Toscanelli, dove la pista ciclabile è ricavata su una porzione del marciapiede, ci sono i cartelli posizionati dall’amministrazione che distinguono le aree di transito riservate, appunto, a biciclette e monopattini da una parte e ai pedoni dall’altra. Ma la sezione di marciapiedi è troppo stretta e la pista ciclabile che, normalmente, deve rispettare dei minimi di larghezza per poter essere utilizzata come tale. In assenza di questi requisiti si è in presenza di una pista “ciclopedonale” in cui veicoli veloci e pedoni devono convivere secondo le norme previste dal Codice della Strada. Poiché i pedoni hanno sempre la precedenza è chiaro che devono essere ciclisti e monopattinatori a rispettarli cedendo loro il passo.

Le norme del Regolamento viario del Comune parlano chiaro, nel caso di specie i pedoni hanno la precedenza

Ma la situazione sarebbe stata già risolta se ci si prendesse la briga di andare a leggere il Regolamento viario approvato da Roma Capitale nel 2015. Una pista è ciclabile con assoluto diritto di precedenza per chi la percorre se ha una larghezza minima di 1,2/1,5 metri per senso di marcia. Le norme ammettono, in sostanza, la possibilità che su uno stesso marciapiedi possano coesistere due diverse tipologie di utilizzo ma questo deve avvenire “senza pregiudizio per la circolazione dei pedoni”.

La “pista ciclabile – precisa il regolamento – è generalmente sconsigliata se non in caso di elevata sezione del marciapiedi e ridotti flussi pedonali”. Ora si dà proprio il caso che la sistemazione del marciapiedi nel tratto del Lungomare Paolo Toscanelli non abbia né una sezione “elevata” della larghezza di almeno 5 metri, né ridotti flussi pedonali. Si tratta, in buona sostanza, di un “percorso promiscuo” dove la regola è l’assoluta precedenza dei pedoni e farebbe bene l’amministrazione a segnalare con maggiore chiarezza le norme che disciplinano questo specifico caso.

Intanto le liti si spostano dalla strada ai “social” dove un’utente in modo ironico scrive: “dico a voi che sulla pista ciclabile altezza Faber Village andate a 50 all’ora co’ ste’ biciclette. Se prendente un bambino lo fate volare andate piano!” “Brava ben detto!” le fa eco un’altra signora “ormai ci sono solo bici da 50 km orari!”.

In tutto questo c’è una sola domanda da farsi ma ci vuole davvero il morto affinché chi di dovere provveda a far rispettare le norme?