Fregene: con l’olimpionico Daniele Lupo nella fucina dei campioni di beach volley

Beach volley, la storia di uno sport nato tanti anni fa sul litorale romano dove ora si allenano i campioni

Il sogno del beach volley ha bussato due volte nella vita di Daniele Lupo prima di diventare realtà. Una prima volta al Palabeach di via Cortina d’Ampezzo a Roma dove, sin da bambino, faceva da raccattapalle ai mostri sacri della nazionale italiana e una seconda volta a Fregene quando l’allenatore azzurro, Dionisio Le Quaglie, lo convocò per faro debuttare nel circuito mondiale. Era il 2009 e Daniele Lupo aveva compiuto 16 anni.

Beach volley, la storia di uno sport nato tanti anni fa sul litorale romano dove ora si allenano i campioni

Sogno del mare è il nome dello storico stabilimento di Fregene dove il beach volley ha mosso i suoi primi passi e dove, Daniele Lupo, classe 1993, 194 centimetri di altezza per 77 chilogrammi di peso continua ad allenarsi d’estate anche se da diversi anni è entrato nel tempio dei campioni di questo sport dopo aver vinto la medaglia d’argento alle olimpiadi di Rio de Janeiro del 2016 perdendo soltanto in finale contro i fortissimi padroni di casa brasiliani Alison e Bruno Schmidt. Ma nelle vene di Daniele non scorre soltanto il sangue sportivo di papà Carlo e quello kazako di mamma Goulsim Joumagulova. C’è anche il dna del nonno che è stato uno dei fondatori di questa faticosissima disciplina.

Il beach volley arrivò sul litorale romano a metà degli Anni 50 nel pieno del boom economico nazionale, quando le spiagge del litorale romano si riempivano dei cosiddetti ‘fagottari’, dal fagotto, cioè l’incarto di fortuna in cui le mamme custodivano ogni ben di dio per il pranzo al sacco in riva al mare. I giovani ventenni di allora che avevano vissuto la seconda guerra mondiale tra le mura di casa presero esempio da un gioco importato sulle spiagge dai soldati americani rimasti a Roma. La città era stata liberata dagli alleati il 4 giugno del 1944, ma ancora per un paio d’anni rimase sotto il controllo dell’amministrazione angloamericana.

Si trattava della pallavolo da spiaggia, uno sport che richiedeva soltanto una palla e una rete ben tesa a mezza altezza e tanta passione. Un entusiasmo sportivo che si espanse a macchia d’olio dagli stabilimenti di Ostia sino a Fregene.

La storia di uno sport che ha mosso i primi passi agli stabilimenti di Ostia per espandersi a Fregene

Dal Gambrinus, dove i pionieri del beach volley erano di casa, il nuovo sport made in Usa fu costretto a traslocare alla Vecchia Pineta perché Urbinati, gestore dello stabilimento non tollerava più schiamazzi e grida durante l’ora del pranzo al ristorante. Non fu la fine ma semplicemente l’esordio di un nuovo inizio che contagiò gli stabilimenti di Fregene come Toni, Albos, Miraggio e soprattutto il Sogno del mare, presto diventato il tempio del beach volley de ‘noantri’. C’era chi per disputare le partite sotto il solleone caricava moglie e figli in gommone per raggiungere il campo rovente dove, durante i match, si discutevano anche le tattiche da adottare. “La pallavolo moderna vuole la battuta lunga!”, oppure a chi si presentava sulla linea di battuta un suggerimento a bassa voce “fanne una lunga e una corta” o ancora “palla lunga sulla corta e palla corta sulla lunga”.

Dalle partite tra amici dilettanti alla realizzazione del sogno più bello, vincere un’olimpiade

E poi, molte decadi dopo, sono arrivati i tempi di Daniele Lupo & compagni. “Faceva da raccattapalle ai bordi del campo dove si allenavano gli atleti della nazionale italiana” racconta papà Carlo, atleta di livello amatoriale, che vede pochissimo Daniele sempre impegnato nelle gare internazionali del circuito mondiale, soprattutto ora che si avvicina la stagione estiva. “Si è innamorato del beach volley perdutamente finché Dionisio Le Quaglie, tecnico degli azzurri – ricorda Carlo – ha intuito le sue grandi potenzialità e lo ha convocato nella nazionale juniores”.

Daniele Lupo a 16 anni, talento da vendere a tanta passione per questo sport

Da lì in poi la carriera di Daniele Lupo ha, letteralmente, preso il volo. Diventa professionista nel 2010 e, nel 2012 in coppia con Paolo Nicolai debutta ai giochi Olimpici di Londra dove si aggiudicano il quinto posto. La consacrazione a livello continentale arriva nel 2014 in Sardegna a Quartu Sant’Elena dove Daniele e Paolo vincono la medaglia d’oro ai campionati europei avendo la meglio su Aleksandrs Samoilovs e Jānis Šmēdiņš. Un primato assoluto. La loro è stata, infatti, la prima coppia italiana a salire sul podio più alto nell’ambito di una rassegna continentale. Successo che entrambi riusciranno a ripetere per altre due volte: a Biel Bienne, in Svizzera nel 2016 e a Jurmala in Lettonia nel 2017.

Nel 2015, tuttavia, Daniele vince la partita della sua vita contro l’avversario più temibile: un tumore osseo che viene sconfitto senza dover neppure ricorrere alla chemioterapia.

L’anno seguente il duo Lupo/Nicolai prende parte alle Olimpiadi di Rio de Janeiro dove firma, con un prestigioso secondo, posto la medaglia numero 24 della spedizione italiana. Il presidente del Coni, Giovanni Malagò, in segno di riconoscenza, chiede a Daniele Lupo di fare da portabandiera dell’Italia in occasione della manifestazione di chiusura dei XXXI giochi olimpici. E anche questo è un altro piccolo primato o per lo meno una rivincita. Il beach volley, infatti, non ha una propria federazione e i suoi atleti sono tesserati per la Federazione Italiana palla a volo (Fipav). Una sorta di sorella maggiore che guarda alle competizioni in coppia sul campo di sabbia con una certa alterigia, quasi che si trattasse dei figli di un dio minore.

Daniele Lupo, girato verso l’obiettivo, portabandiera della spedizione olimpica italiana a Rio de Janeiro nel 2016