Roma, poliziotta uccisa dal collega: lui era depresso

Disposta l'autopsia della poliziotta e del collega omicida-suicida. Deteneva l'arma anche se da giorni sembrava instabile

Pierpaola Romano

Da qualche tempo avrebbe mostrato segni di depressione, di inquietudine, Massimiliano Carpineti, 48 anni, l’agente di polizia che ieri mattina a San Basilio ha ucciso sotto casa la collega poliziotta Pierpaola Romano, 58 anni. L’uomo, però, girava con la pistola di ordinanza.

Disposta l’autopsia della poliziotta e del collega omicida-suicida. Deteneva l’arma anche se da giorni sembrava instabile

E’ uno dei dettagli che dovranno esaminare i magistrati a piazzale Clodio. Accertare se l’omicidio si potesse evitare. Il fatto che l’agente dopo l’omicidio si sia suicidato, di fatto, ha estinto sul nascere il procedimento per omicidio volontario.

Oggi, intanto, sono state disposte le autopsie sui due corpi anche se gli esami potranno aggiungere poco ai fatti. La poliziotta, che stava uscendo per fare il primo ciclo di chemioterapia per un tumore al seno, è stata freddata con tre colpe di cui due sparati alla testa. L’uomo si è poi suicidato in auto con un colpo sotto al mento.

I medici legali potranno chiarire i dettagli della dinamica, ma sarà l’ascolto di chi li conosceva a fare più luce sul movente dell’ennesimo femminicidio che ha scosso la capitale.

Una tragedia che ha toccato da vicino la Polizia di Stato. La vittima aveva lavorato a lungo al commissariato Sant’Ippolito ed era stata poi assegnata alla Camera dei deputati dove lavorava anche il collega che poi si è rivelato il suo assassino. Poliziotto anche il marito e il loro figlio, un ventenne fresco di divisa e di stanza in Emilia-Romagna.

L’agente avrebbe fatto fuoco in un appostamento nel portone della vittima perché non avrebbe accettato la fine di una profonda amicizia con la collega, che poi dopo un momento matrimoniale difficile, si era riavvicinata al marito, pronti di nuovo insieme ad affrontare la malattia di lei.

L’arma

Oggi sui social, dove è circolato l’hashtag #losapevamotutte contro i femminicidi, c’è stato chi si è interrogato su come sia stato possibile lasciare un’arma a un agente, che da giorni era apparso disorientato e nervoso. Sembra infatti che i colleghi avessero notato, nell’uomo, un visibile peggioramento dell’umore nei giorni precedenti al delitto.

Non è concepibile la mancanza di misure preventive per chi per professione è un esponente delle forze dell’ordine, qualora la sua salute mentale non sia all’altezza delle mansioni svolte – scrive sui un’attivista di ‘Se non ora quando’ – Spero che si ponga rimedio a questo deficit di controllo preliminare“.

Voi che avete un’arma – suggerisce un utente – ogni anno dovete obbligatoriamente parlare con uno psicologo perché questo che è accaduto non deve succedere”.

Poi quando partecipi al concorso li vogliono perfetti a loro modo di vedere… – scrive un altro – Mi sa che vanno rivisti metodi ed esaminatori. Troppi morti e suicidi. È evidente che c’è qualcosa che non va”.