Al momento della disgrazia del 13enne l'insegnante stava parlando con un collega
Nell’ottobre 2017 il 13enne Stefano Bacigalupo morì precipitando nella tromba delle scale dell’istituto Santa Maria, al rione Esquilino, durante l’ora di ricreazione. Per il pm si era trattato di un gesto volontario. Oggi il gip di Roma ha respinto la richiesta di archiviazione della Procura e ordinato l’imputazione coatta per un insegnante.
Il docente, secondo il giudice, chiacchierava con un collega al momento della tragedia. Respinta la richiesta di archiviazione. Il procedimento andrà avanti.
Ad impugnare l’archiviazione delle indagini i genitori del ragazzino, assisti dagli avvocati Stefano Maccioni e Sergio Maglio.
Nel provvedimento col quale il gip Gaspare Sturzo chiede alla Procura di formulare un nuovo capo di imputazione nei confronti del docente e per omicidio colposo, si legge che l’insegnante sarebbe rimasto a chiacchierare con un collega, incorrendo così nella “violazione di un dovere specifico di vigilanza”.
Un comportamento – specifica l’atto – che “ha determinato o comunque ha fatto parte dello sviluppo causale che ha consentito” al ragazzino “di trovarsi senza sorveglianza alcuna nei pressi di un luogo pericoloso come la ringhiera al piano superiore e per goliardia o per spinta o per decisione propria, cadere nel vuoto e perdere la vita“.
Per tre dirigenti dell’istituto invece, sui quali era stata già decisa l’archiviazione, pende un altro procedimento che verrà deciso il 20 giugno.
“Finalmente abbiamo sentito affermare che nessuno vigilava su nostro figlio in un luogo pericoloso come quella scala durante l’orario scolastico e che non è salito da solo, né si può affermare se vi sia stata una rissa, una goliardata o un gesto volontario, ma che è certo che quanto accaduto si sarebbe potuto evitare’’, il commentano dei genitori del 13enne.
“Dopo 5 anni di negligenze incomprensibili, un passo verso la verità; ma lo sdegno resta per il tempo perso. Peraltro i responsabili dell’Istituto Santa Maria non ci hanno mostrato alcuna vicinanza” ha sottolineati al coppia.
Il 13enne praticava Karate e frequentava anche una scuola di fumetto. A far propendere per il suicidio – ipotesi respinta dai genitori – era stata uno scritto trovato sotto al banco di un amico: “Se qualcosa ti tocca tre volte è il mio spirito. Se un cane ti piscia sui piedi sono io. Se qualcosa ti morde sulla spalla sono io. Ti manderò messaggi dal paradiso”. Suicidio o caduta accidentale, per il gip andava evitato.