Ostia, sulla riapertura del Centro diurno "Le Betulle" nessuna risposta dal X Municipio: da un anno e mezzo attese le autorizzazioni dalla Direzione Tecnica
Per 25 pazienti affetti da Alzheimer che fino ad un anno e mezzo fa erano curati nel Centro diurno “Le Betulle”, sembra sia ancora lunga la strada della riapertura della struttura.
Una condizione che li vede ad oggi obbligati a restare a casa, senza alcun sostegno e protezione da parte di una struttura specializzata nel trattamento di questa patologia.
Sul gravissimo disagio di questi malati, che alla base avrebbe una situazione di stallo politico-amministrativa, poche e vaghe risposte sono state date nel consiglio municipale odierno, a seguito di una specifica interrogazione dei Consiglieri del X Municipio di Roma Capitale Alessandro Ieva, Giuliana Di Pillo e Silvia Paoletti del M5S.
Sulla chiusura prolungata del Centro “Le Betulle”, era chiamata a rispondere l’Assessora alle politiche sociali, che sulla questione ha dichiarato un’estraneità rispetto alle sue competenze.
A quanto sembra però, sarebbe la Direzione Tecnica la fonte del ritardo nel rilascio delle necessarie autorizzazioni per la riapertura e ripresa dell’operatività della struttura specializzata.
Mentre si attende la riapertura del Centro più che delle risposte che possano giustificare un ritardo ingiustificabile, molti pazienti nel frattempo sono peggiorati: “La situazione è gravissima – spiega Claudia Martucci – molti pazienti non potranno più accedere al reinserimento. I caregiver attendono da mesi la riapertura del centro, e in un anno e mezzo purtroppo qualcuno degli assistiti è deceduto a casa”.
Mentre la politica indaga per capire chi ha permesso tutto questo le famiglie dei pazienti chiedono solo che il centro sia riaperto: “E’ l’unico sul X Municipio capace di accogliere e lavorare con pazienti affetti da demenza – spiega Martucci -. Deve riaprire in breve tempo. Dopo Pasqua, sentiremo sia l’Assessore dei servizi sociali, sia l’ufficio tecnico e sia la cooperativa per capire a che punto siamo. Lo dobbiamo ai pazienti e ai loro cari” – conclude la Presidente.