Detenuto tenta di abusare della sua avvocatessa: condannato

Il tentativo di abuso nella sala colloqui di Rebibbia: ora il detenuto dovrà scontare altri 2 anni per violenza sessuale

Un carcere

Ha tentato di violentare in carcere la sua avvocatessa. Si è  appena concluso a piazzale Clodio un processo per violenza sessuale senza precedenti analoghi, almeno a Roma. L’imputato, un carcerato; la vittima, una penalista. E il posto dello stupro sfiorato, una sala colloqui di Rebibbia.

Il tentativo di abuso nella sala colloqui di Rebibbia: ora il detenuto dovrà scontare altri 2 anni per violenza sessuale

A distanza di oltre cinque anni dai fatti la condanna del detenuto: condannato, in primo grado, a due anni di reclusione per violenza sessuale.

Era il 28 settembre 2017 quando Tonino M., 36enne romano pusher e all’occorrenza ladruncolo, ha dato una virata alle sue pretese sul suo difensore d’ufficio. Accantonando ogni freno inibitorio e le smancerie riservate in altre occasioni ha dato sfogo alla violenza più becera, e si è abbassato i pantaloni per violentarla. Così mentre stava dietro le sbarre per un giro di spaccio si è ritrovato accusato anche di violenza sessuale con relative aggravanti.

Quando gli agenti della polizia penitenziaria hanno sventato l’abuso, entrando nella saletta, l’avvocatessa piangeva in un angolo e il detenuto cercava di ricomporsi.

Non ho fatto niente di male”, provava a negare lui, mentre un agente gli urlava: “Ma che fai?”.

Che il tentativo di stupro sia stato commesso non ci sono dubbi. Un altro operante stava facendo capolino da una finestra mentre il collega che passava di fronte alla sala colloqui ha sentito le urla.

Era stata la stessa avvocatessa, una penalista di trent’anni, a mettere in allerta gli agenti di polizia penitenziaria: “Uno di miei assistiti usa atteggiamenti sempre più confidenziali. Cerca di baciarmi e allungare le mani. Comincio ad avere paura”. Scattarono così monitoraggi mirati. Ieri la condanna del detenuto.

Le lettere

Il detenuto, in passato, aveva spedito delle lettere all’avvocatessa. E lei in un’occasione aveva risposto con un carta costellata di fiorellini. Al di là del tono confidenziale la professionista, però, lo aveva messo in guardia nell’usare atteggiamenti più consoni durante gli incontri. Ma non è tutto.

Capita che quando una donna finisce vittima di abusi si scavi nel passato. In questo caso l’aveva già fatto il detenuto stupratore: “Perché hai avuto una storia con quell’altro detenuto”; “Sono questioni personali”, si era sentito rispondere. Stesso chiarimento dato in aula prima durante un’udienza.

Il detenuto focoso accusato di spaccio, al momento del processo in carcere per furto, non ha mai avuto misure restrittive per la violenza.