Dragoncello, oltre 550 abitazioni tenute in ostaggio da Roma Capitale che ne blocca la compravendita: la sentenza del Tar del Lazio
Per le rivalse di 556 famiglie di Dragoncello, Roma Capitale è stata condannata due volte: la prima volta a rifare i calcoli degli oneri di trasformazione del diritto di superficie in diritto di proprietà, la seconda a risarcire gli aventi diritto per lentezza dei procedimenti giudiziari.
A comunicarlo è il Coordinamento Cittadini Dragoncello 167 che rappresenta i proprietari del Piano di Zona V11, ai quali dal 2003 viene praticamente impedito di trasformare il diritto di superficie in diritto di proprietà dei loro immobili, se non pagando somme non dovute a Roma Capitale.
Si è conclusa in questi giorni la battaglia legale iniziata 18 anni fa da 556 cittadini di Dragoncello residenti nella abitazioni del Piano di Zona 11V, contro Roma Capitale, che dal 2003 tentano di trasformare il diritto di superficie dei loro immobili, in diritto di proprietà.
I proprietari degli immobili alla fine del 2005 avevano ricevuto dalla soc. GEMMA S.p.A., per conto del Comune di Roma, una comunicazione con l’obbligo di pagamento entro 60 giorni di somme tra gli 8mila ed i 14mila euro ciascuno, a titolo di conguagli per gli oneri di esproprio delle aree di costruzione, collegate alla possibilità di trasformare il diritto di superficie in diritto di proprietà.
Ripresi dallo shock, ci volle poco a scoprire però che quei soldi non erano affatto dovuti, e questo secondo una precisa legge: e cioè la 167 del 18 aprile 1962, che prevede che la pratica di esproprio di aree per la costruzione di edilizia agevolata popolare, obbliga il Comune a perfezionare l’acquisto dell’area entro 5 anni.
Un tempo limite invece enormemente superato da Roma Capitale che ne aveva impiegati addirittura 17 senza delle precise ragioni, ma solo purtroppo, per inadempienza.
Un’inadempienza grave tanto quanto un errore, che aveva permesso che in tutto questo tempo l’area, passasse di mano in mano a diversi speculatori con il risultato di decuplicarne il suo valore. Il Comune di Roma di fatto, non aveva perfezionato l’acquisto dell’area entro il 1990 ma nel 2002 e cioè anche dopo che la proprietà aveva manifestato la volontarietà della cessione.
A quel punto, chiamata in giudizio dalla controparte, per evitare ulteriori danni economici alle casse di Roma Capitale, raggiunse un accordo stragiudiziale, pensando di addebitare gli oneri agli ignari cittadini di Dragoncello.
Iniziò a quel punto la battaglia legale dei residenti, arrivata al suo ultimo atto con la sentenza del TAR del Lazio che annulla tutte le delibere di Roma Capitale in merito, condannandola ad effettuare nuovi calcoli dei valori di trasformazione, non inquinati dai maggiori costi che aveva sostenuto a causa dei propri ritardi ed inefficienze.
La sentenza sanciva di fatto che il Comune di Roma, oggi Roma Capitale, stava impropriamente scaricando sui cittadini i maggiori costi sostenuti per propria inefficienza: “La stessa inefficienza – dichiarano – che sta ancora gravando sui proprietari degli immobili perché ad oggi Roma Capitale non ha ancora rivisto i calcoli senza rivalersi ingiustificatamente, come sancito dalla sentenza del TAR Lazio, su famiglie che non possono Trasformare il diritto di superficie in diritto di proprietà come lo stesso comune ha deliberato nel 2003 dcc 54, e le loro case sono tenute in ostaggio da Roma Capitale che ne blocca la compravendita, innescando un processo di svalutazione degli immobili e subendo i disagi di chi per necessità vuole spostarsi o far beneficiare i propri figli”.
La latitanza del l’amministrazione di Roma Capitale poi, avrebbe costretto i cittadini a ricorrere dinanzi al TAR Lazio con un nuovo contenzioso, che chiede che si imponga a Roma Capitale il rispetto delle sentenze, con richiesta di ulteriori risarcimenti per danni morali e materiali: “A causa anche della lentezza dei procedimenti giudiziari i cittadini (556) si sono rivolti alla Corte di Appello di Roma che ha riconosciuto l’ingiustificato protrarsi dei giudizi nel tempo, di 9 anni per la sentenza n.04757 e di 8 anni per la sentenza n. 09044 8, riconoscendo un equo indennizzo come previsto dalla legge Pinto” – ha concluso il portavoce del Coordinamento Cittadini Dragoncello167, Tersilio Calipa.