Uno dei quesiti più ricorrenti che un legale si vedrà rivolto nel caso di suo coinvolgimento a seguito di una crisi/cessazione della convivenza è proprio quello relativo alle sorti della casa abitata dalla coppia (di fatto, ovvero non avvinta da matrimonio).
La presenza o meno di figli è il primo vero discrimine per una corretta risposta al quesito.
Step n. 1: diversamente da quello che i più ritengono, l’interesse tutelato e preminente di abitare la casa familiare è in capo ai figli, non al padre né alla madre dunque.
Uno dei due, ovvero colui o colei che non sarà designato come genitore collocatario dovrà necessariamente fare le valige e cedere il diritto di abitazione all’altro, a prescindere dalla titolarità del bene medesimo.
Questo anche se la casa fosse intestata ad uno solo dei due e se quest’uno non coincidesse con il genitore cui è affidato il collocamento prevalente dei figli.
“Avvocato ma non è giusto!”. “Ho fatto tanti sacrifici per acquistare la casa e ora la devo lasciare per vent’anni a questa/questo che non ha sborsato un centesimo!”.
Potrebbe sembrare così, o meglio spesso le determinazioni dei tribunali nel senso di assegnazione della casa familiare ad uno piuttosto che ad un altro genitore vengono vissute con frustrazione e senso di deprivazione.
A questo punto bisogna riavvolgere il nastro e tornare alla fase iniziale delle decisioni di una coppia convivente, quella fase in cui l’affetto, la condivisione di progetti e l’amore hanno avuto il culmine nell’atto di amore sommo: la procreazione e la nascita di un figlio.
Da qui cambia tutto.
Ostinarsi a ragionare come se la prole non ci fosse, con gli schemi di una impresa, questo sì è ingiusto e sbagliato.
L’interesse, la protezione e la tutela massima della filiazione è l’unico filtro da applicare alle nostre lenti.
Se non la riuscite a vedere in questo modo, cambiate lenti.
D’altronde il “sacrificio” di cedere per un tempo (sebbene spesso molto lungo) la nostra casa ai nostri figli è poca cosa rispetto ai gravosissimi “sacrifici” loro imposti con le scelte di “separazione”.
Quella è prima di tutto la loro casa.
Il suggerimento che mi sento di dare senza filtri è il seguente.
Quando si ha intenzione di iniziare una stabile convivenza, prevedendo e sognando la creazione di un famiglia tenete a mente che una volta creata nulla sarà più come prima; valgono regole diverse.
L’umiltà e l’intelligenza di chiedere lumi prima di imbarcarsi in imprese che durano una vita potrebbero salvaguardare l’interesse di molti.
Se non si è disposti a “perdere tutto”, non si deve investire tutto.
Una corretta e sana “pianificazione” anche dei momenti di crisi, possibilmente con l’aiuto di una figura professionale adeguata, possono agevolare ad approntare le cautele necessarie in caso di naufragio.
Se poi la sfortuna vuole che il naufragio avvenga lo stesso, facciamoci traghettare tra le rapide da figure adeguate per approdare sui tavoli di una negoziazione anziché su quelli assai distanti delle aule di tribunale.
La famiglia e la crisi della stessa, coinvolge e stravolge la vita di molti individui. Primi fra tutti i minori.
Qualcuno ha il dovere di difenderli e proteggerli oltre ogni diversa “adulta”pretesa.
Avv. Vanna Ortenzi
Studio Legale Guerriero Ortenzi Bracci
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