Il bonus Maroni permette ai lavoratori che ne usufruiscono di beneficiare di uno stipendio netto comprensivo della quota di contributi dovuti all’INPS.
Il bonus Maroni è stato reintrodotto dalla Legge di Bilancio del 2023 e permette ai lavoratori che ne usufruiscono di beneficiare di uno stipendio netto comprensivo della quota di contributi dovuti all’INPS. L’aumento dello stipendio ammonta al 9,19% e corrisponde alla percentuale di contribuzione ai fini pensionistici a carico del lavoratore e versata dall’azienda all’ente di previdenza.
Il bonus Maroni consiste in un aumento retributivo per i lavoratori che scelgono di continuare a lavorare fino al raggiungimento dei requisiti previsti per la pensione di vecchiaia, anche se in possesso dei requisiti minimi per accedere alla pensione anticipata. Il bonus riprende l’incentivo previsto dalla legge n. 243/2004 per contenere le spese previdenziali.
La Quota 103 è uno schema di anticipo pensionistico che permette di accedere alla pensione a 62 anni di età e con 41 anni di contributi. L’importo dell’assegno viene calcolato con il sistema retributivo fino a dicembre 1995 e contributivo a partire dal primo gennaio 1996.
La legge stabilisce che l’importo massimo non può superare le cinque volte il trattamento minimo Inps, pari a circa 2.800 euro lordi al mese, fino al raggiungimento dei 67 anni di età, quando il lavoratore matura i diritti per accedere alla pensione di vecchiaia.
Bonus Maroni 2023, come richiederlo
I lavoratori dipendenti in possesso dei requisiti minimi per accedere a Quota 103 possono rinunciare all’accredito dei contributi a loro carico, destinati a finanziare l’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti.
I suddetti contributi vengono trattenuti dal datore di lavoro in busta paga, calcolati applicando un’apposita aliquota percentuale alla retribuzione imponibile ai fini previdenziali.
Grazie alla rinuncia viene meno l’obbligo del datore di lavoro di versare all’Inps, con modello F24, la quota dei contributi conto dipendente, a decorrere dalla prima scadenza utile per il pensionamento prevista dalla normativa vigente e successiva alla data dell’esercizio della predetta facoltà.
Con la medesima decorrenza, la somma corrispondente alla quota di contributi carico dipendente, che il datore di lavoro avrebbe dovuto versare all’ente previdenziale (qualora la scelta in parola non fosse stata esercitata dall’interessato) è corrisposta interamente al lavoratore.
Quest’ultimo, di conseguenza, potrà beneficiare di un aumento del netto in busta paga, rispetto all’epoca in cui i suddetti contributi venivano trattenuti dall’azienda.
Nel valutare se usufruire dell’aumento dello stipendio tramite il bonus Maroni oppure andare in pensione in anticipo con Quota 103, bisogna considerare anche i contro legati all’incentivo.
Nella pratica, il lavoratore che sceglie il bonus Maroni, riceverà uno stipendio più alto nell’immediato, ma andrà anche incontro a una pensione più bassa. La decontribuzione in busta paga oggi si traduce quindi in una pensione ridotta domani (anche se non in modo eccessivo), in quanto si prende come riferimento l’importo della pensione maturato alla prima scadenza utile.